In un ipotetico mercato trasparente, il prezzo sarebbe in grado di esprimere tutte le componenti che formano un prodotto: il vero costo delle materie prime, la loro qualità e le conseguenze della produzione sull'ambiente e sull'assetto sociale, le ripercussioni dell'utilizzo sulla salute del consumatore, le problematiche connesse allo smaltimento del prodotto dopo il suo uso. In realtà ciò non accade, e il produttore non deve sopportare tutti questi costi, visto che gran parte di essi ricade invece sull'intera società (ad es. l'inquinamento e le vittime causati da camion e trasporti aerei, lo sfruttamento dei bambini nel "terzo mondo", etc.). Si parla al proposito di esternalità, categoria che naturalmente non interessa molto ai produttori. D'altra parte, attraverso lo stesso meccanismo noi andiamo a pagare troppo dei prodotti di bassa qualità, quando il prezzo è gonfiato solo per motivi di marketing; o col pagare apparentemente molto poco dei prodotti che valgono ancora meno. In una logica di mercato, la domanda di un bene è influenzata da due elementi: la qualità dei materiali impiegati per produrlo ed il suo prezzo, ma se si tiene conto di un terzo elemento che possiamo chiamare "collettività”, intendendo per essa tutti quei costi sociali sostenuti per produrre il bene, gli altri due parametri subiscono uno scossone. Alcuni esempi:
* Nell'acquisto di un'automobile, posso pretendere che le emissioni siano meno inquinanti, che lo specchietto e la plancia siano in policarbonato e non in P.V.C. contenente notoriamente cloro.
* Tutte le volte che acquisto una lattina di cola o aranciata, o quando decido di cambiare le vetuste finestre di legno con brillanti finestre di alluminio, dovrei riflettere sul fatto che le miniere di bauxite, da cui si estrae il prezioso metallo, si stanno esaurendo, e che l'energia impiegata per produrlo è quindici volte superiore a quell'impiegata per produrre altri beni.
* Quando si compra una banana, bisognerebbe sapere che solo l'11,5% del prezzo pagato va ai produttori e quindi si dovrebbe essere disposti ad autotassarsi per migliorare le condizioni di vita dei contadini del Sud del mondo che la producono. D'altra parte una diminuzione della domanda di banane, o d'altri beni prodotti nel Sud del mondo, non deve essere visto come qualcosa di negativo. Per questi Paesi, costretti dalle multinazionali a sacrificare tutto il loro territorio per la produzione di beni destinati all'esportazione, potrebbe essere senz'altro più utile destinare parte del loro territorio alla produzione di qualcosa più adatto ad assolvere i loro bisogni primari.
* E' di questi ultimi tempi la notizia molto grave ed inquietante della diminuzione della disponibilità di cereali nel mondo, e questo soltanto perché le zone coltivate a cereali diminuiscono sempre di più, lasciando il posto a colture di foraggi per gli animali, dovendo il mercato far fronte alla forte richiesta di carne per l'alimentazione umana; nonché alle crescenti esigenze di industrializzazione dei Paesi emergenti. Questo potrebbe anche farci riflettere se è proprio necessario mangiare carne anche due volte il giorno, senza poi anche tenere conto dei danni che essa provoca alla nostra salute.
La conoscenza di tali meccanismi non sempre è cosa agevole, e d'altra parte le stesse imprese preferiscono impostare il proprio marketing sulla celebrazione delle caratteristiche positive dei prodotti piuttosto che sulle loro ripercussioni negative. Finora sono le imprese che sondano i consumatori, per interpretarne i gusti o il più delle volte per condizionarne le scelte attraverso campagne pubblicitarie o di confezionamento del prodotto ben mirate. Pochi consumatori considerano invece la possibilità di esaminare loro stessi le imprese, per verificare se il loro comportamento risponde ai propri valori. La cosa non è impossibile, e lo sforzo compiuto viene ripagato con un premio importante: la libertà di scelta! Le nostre piccole scelte quotidiane... possono cambiare il mondo. Esistono in Europa diversi gruppi di consumatori critici che da anni sottopongono ad esame le imprese attraverso richieste dirette e studio dei collegamenti societari. Ognuno può usufruire di queste informazioni ed orientare gli acquisti sugli elementi per lui più importanti; oppure può attivarsi personalmente e cominciare a porre domande a negozianti, artigiani e produttori, cominciando da chi è più disponibile ad ascoltarlo. La forza più grande del consumatore si registra nei confronti dei piccoli commercianti e produttori, che hanno interesse a rispettarlo proprio perché dal singolo cliente dipende direttamente la loro sopravvivenza. Ciò non toglie però che il consumatore possa far sentire la sua voce anche presso i grandi gruppi commerciali e industriali, perché anche una minima contrazione delle vendite fa suonare i campanelli d'allarme delle multinazionali.