Le caratteristiche naturali del luogo dove vive un individuo o un gruppo di individui umani costituiscono l'ambiente. Ambiente è oggi un termine di largo uso sia nel linguaggio comune che in quello scientifico. Dall'ambito proprio delle scienze naturali, l'ambiente è entrato nel campo di studio delle scienze umane e sociali tra cui, in particolare, l'economia. L'interesse delle scienze umane e sociali per l'ambiente si è fatto via via più ampio e approfondito a partire dagli anni '70 del XX secolo. Questo è avvenuto a causa del fatto che l'influenza ambientale del sistema economico e dello stile di vita dei paesi industrializzati è diventata sempre più profonda ed evidente anche all'opinione pubblica. I timori per gli effetti negativi incontrollabili sull'ambiente e la richiesta della sua salvaguardia vengono ripresi e organizzati da un sempre più vasto movimento scientifico e di opinione detto movimento ecologista (ecologia = conoscenza dell'ambiente). Dai primi economisti moderni, tra '700 e '800, testimoni della prima rivoluzione industriale in Europa, l'ambiente viene classificato come una delle risorse economiche. Ogni uomo, o società umana, si trova a vivere in un certo ambiente che mette a disposizione una data quantità e qualità dell'acqua, delle terre coltivabili, dei minerali, ecc. Il problema economico degli esseri umani nasce dal fatto che essi in genere non possono soddisfare i propri bisogni direttamente utilizzando i beni esistenti in natura, ma devono trasformarli. Per farlo, devono ricorrere ad altre risorse economiche, vale a dire al loro lavoro e ai beni da loro stessi prodotti utilizzabili per trasformare le risorse naturali, e al capitale fisico formato da utensili, macchinari, fabbriche, ecc. Fino agli anni '70 del XX secolo, la scienza economica ha teso a relegare l'ambiente sullo sfondo, considerando come rilevante solo il costo delle risorse naturali, ma senza considerare approfonditamente le ripercussioni di lungo termine dell'attività economica sulla quantità e qualità delle condizioni ambientali. Negli anni successivi alla nascita del movimento ecologista si è creato un persistente conflitto tra visione ecologica e visione economica dell'attività umana. Per alcuni, il conflitto è radicale: i due termini hanno la stessa radice greca (oikos = ambiente) che indica un comune oggetto, ma mentre l'ecologia sottolinea un rapporto di pura osservazione, conoscenza e salvaguardia dell'ambiente, l'economia nasce come scienza della trasformazione dell'ambiente da parte dell'uomo. Oggi la maggior parte degli ecologisti e degli economisti cerca di trovare la soluzione più accettabile per rendere compatibile l'attività di trasformazione peculiare dell'uomo con la salvaguardia dell'ambiente.
Le materie prime sono le risorse naturali più
direttamente utilizzabili nei processi produttivi, ma che non possono essere
consumate direttamente. Generalmente si tratta di minerali (ad es. oro, argento,
ferro, carbone, rame, petrolio) e prodotti naturali spontanei (ad es. caucciù,
gomma naturale). Le materie prime sono la componente dell'ambiente che da più
antica data ha una forte rilevanza economica. Secondo molti studiosi la lotta
per appropriarsi delle materie prime potrebbe spiegare gran parte della storia
economica del mondo. Certamente, questa spinta è stata molto evidente
soprattutto dopo la rivoluzione industriale europea del XIX secolo. La
distribuzione naturale delle materie prime nel mondo non è omogenea. La maggior
parte delle materie prime utilizzate nei processi industriali si trova
nell'emisfero sud e in quello orientale. Tuttavia, l'industrializzazione del
mondo è partita ed è prevalente nell'emisfero nord-occidentale. L'enorme
fabbisogno di materie prime da parte dei paesi industrializzati ha costituito
una molla potente per la loro espansione in altri continenti nell'epoca della
colonizzazione. Dopo la II guerra mondiale, quando la gran parte dei paesi
colonizzati ha riacquistato l'indipendenza politica, i paesi industrializzati
hanno cercato di organizzare l'approvvigionamento di materie prime attraverso
nuovi sistemi basati sul libero commercio internazionale. Con il raggiungimento
dell'indipendenza politica, la maggior parte dei paesi possessori di materie
prime si è trovata con una notevole fonte di ricchezza economica, data la forte
richiesta proveniente dai paesi industrializzati. Tuttavia, questa importante
opportunità in molti casi non ha dato i frutti sperati. Le cause possono essere
di diversa natura:
talvolta i giacimenti di materie prime e la loro estrazione sono rimasti nelle
mani di imprese multinazionali occidentali, con vantaggi insufficienti per i
paesi ospitanti;
quando i giacimenti sono stati nazionalizzati, ossia sono diventati proprietà
dello Stato, non sempre i risultati economici sono stati adeguati;
alcuni meccanismi del commercio internazionale tendono a creare condizioni
svantaggiose per i produttori di materie prime, in particolare una tendenza del
prezzo di questi prodotti a diminuire in rapporto al prezzo dei prodotti
industriali.
Negli ultimi decenni le scienze naturali, umane e sociali, come anche l'opinione pubblica, sono passate da una visione dell'ambiente come dato immodificabile e semplice "deposito" inesauribile di risorse per la vita e le attività umane, ad una visione in cui le attività umane, da un lato dipendono dall'ambiente, e dall'altro lo modificano. La ricerca di un rapporto equilibrato tra attività umane e ambiente ha dato vita al concetto di sviluppo sostenibile. Il termine "sostenibile" si riferisce all'idea che l'espansione delle attività umane non deve procedere ad un ritmo tale da modificare in modo errato, o da esaurire, le risorse ambientali. La scoperta della dimensione ambientale dello sviluppo è il risultato della crescente sensibilità di scienziati naturali e sociali e dell'opinione pubblica per gli effetti ambientali dell’industrializzazione. L'attenzione a questi fenomeni si rafforza a partire dagli anni '70. Prima, pochi studiosi avevano evidenziato il problema. Fra questi va ricordato Nicholas Georgescu-Roegen (Romania, 1906-1995), economista negli Stati Uniti, che evidenziò le incoerenti basi fisiche dell'idea della crescita economica continua. Sulla scia di questa critica, è stato messo in evidenza il problema della cosiddetta scarsità assoluta ossia l'esistenza di risorse naturali non rinnovabili, le quali, una volta esaurite, determinerebbe l'impossibilità di continuare a produrre allo stesso ritmo di crescita. La prima conferenza internazionale su sviluppo e ambiente si tenne su iniziativa delle Nazioni Unite nel 1972. A partire dagli anni '90 vi è stata una crescente attenzione internazionale, in particolare, verso il problema del clima e dei suoi mutamenti prodotti dall'attività industriale, come il cosiddetto effetto serra. La comprensione e la regolazione del rapporto tra attività umane e ambiente pone problemi scientifici e politici di grande complessità.
Sul piano strettamente scientifico, gli effetti ambientali delle attività umane si manifestano molto lentamente, in maniera incerta e in forme non ancora del tutto compreso.
Non esiste una chiara e condivisa linea di demarcazione tra mutamento ambientale sostenibile e insostenibile. Da un lato non si può proibire qualsiasi forma di mutamento ambientale, in quanto ogni attività umana comporta una trasformazione dell'ambiente, e in quanto l'ambiente naturale stesso è in continua evoluzione. Dall'altro lato, tuttavia, non è più accettata l'idea ottocentesca che l'uomo sia in grado di modificare l'ambiente senza limiti.
Sul piano politico, risulta difficile individuare la motivazione corretta per richiedere un sostanziale mutamento di stile di vita compatibile coi vincoli ambientali, perché non sono chiaramente identificati quali sono i vincoli ambientali da rispettare, non sono ben definiti i giusti rimedi di determinati problemi ambientali, come l'effetto serra, l'opinione pubblica non ha una chiara percezione di quali siano i costi e i benefici del mutamento dello stile di vita richiesto, anche perché in grande misura costi e benefici si materializzeranno soltanto nel futuro.
Il problema dello sviluppo sostenibile è fonte di
conflitti d'interessi e controversie internazionali sia tra paesi
industrializzati, sia tra questi e il resto del mondo. L'ecologia è un bene di
lusso, vale a dire che l'opinione pubblica "domanda" qualità ambientale solo
dopo aver soddisfatto altri bisogni più elementari. Nella gran parte dei paesi a
medio e basso reddito, e soprattutto nei paesi che stanno attuando un programma
d'industrializzazione, i vincoli di natura ambientale richiesti dai movimenti
ecologisti risultano sgraditi. Il problema è aggravato dal fatto che questi
paesi spesso adottano tecnologie meno "pulite" perché meno costose di quelle
imposte dalle leggi di salvaguardia dell'ambiente. Il degrado ambientale è una
delle conseguenze di politiche sbagliate nella lotta alla povertà, ma non è
realistico pensare che i paesi poveri possano avere i mezzi per adottare i
criteri di salvaguardia ambientale pensati per i paesi ricchi. Secondo alcuni
studiosi la via d'uscita è in due direzioni:
* studiare piani di sviluppo non imperniati sul modello dell’industrializzazione
occidentale, e a maggior ragione con tecnologie obsolete dal punto di vista
ambientale;
* attuare sistemi di aiuti e compensazioni affinché anche i paesi poveri trovino
conveniente adeguarsi agli standard tecnologici di salvaguardia ambientale.