La tecnologia è la soluzione ad un bisogno umano che nasce dalla simultanea compresenza di uomini, attrezzature impiegate, ambiente naturale organizzazione produttiva. Possiamo quindi definire una qualsiasi risposta ad una esigenza umana, cioè una tecnologia, dal punto di vista sociale, economico, ecologico e politico. Le tecnologie appropriate sono perciò quelle risposte ai bisogni fondamentali dell'umanità che:
* socialmente migliorano le condizioni di vita
della gente;
* economicamente usano in maniera saggia le risorse del pianeta;
* ecologicamente rispettano gli equilibri e le leggi della natura;
*politicamente decentrano fra la gente il governo della cosa pubblica.
Bisogni essenziali comuni e generalizzati, quali il lavoro della terra, la produzione di beni e servizi, l'abitare, lo spostarsi, il vestire, il mangiare, il comunicare e tanti altri hanno avuto storicamente e in luoghi diversi risposte e quindi tecnologie più o meno appropriate. Per tecnologia si intende conoscenza umana applicata alla produzione, ossia quell'insieme di informazioni necessarie per trasformare materie prime, semilavorati e ore di lavoro (input) in nuova produzione (output). Queste informazioni comprendono sia le istruzioni scritte, in forma di letteratura tecnica, manuali, disegni, ecc., sia la conoscenza pratica richiesta per utilizzare efficacemente le istruzioni (know-how). Si ha innovazione tecnologica quando è possibile ottenere una stessa quantità di output con minori quantità di input (innovazione di processo) o un output di qualità nuova (innovazione di prodotto). L’innovazione di processo può risparmiare uno o più input, ma storicamente le innovazioni hanno teso, in aggregato, a risparmiare lavoro. La tecnologia contribuisce, insieme alla quantità disponibile di lavoro, di capitale fisico e di risorse ambientali, a determinare il livello e la composizione potenziali della produzione di una economia. In tal caso, la tecnologia adottata tende ad essere anche la più efficiente, in virtù delle spinte provenienti dalla competitività di prezzo fra le imprese. L’innovazione tecnologica costituisce uno degli elementi-chiave dell’aumento del reddito pro-capite e della crescita economica. In questo caso le spinte provengono dalla competitività di prodotto fra le imprese, che consente loro di esercitare, in una certa misura, un potere di mercato. I fattori che determinano la tecnologia sono dati sia dal livello della scienza e della tecnica (invenzioni) che è stato raggiunto in ogni determinato momento storico, sia dalla capacità umana di applicare questa conoscenza alle attività produttive. La determinante principale dell’innovazione tecnologica è data dalle aspettative di profitto da parte di coloro che per primi introducono l’innovazione, detti propriamente imprenditori [Josef A. Schumpeter (Austria, 1883-1950)]. Le aspettative di profitto sono influenzate dall’efficacia dei diritti di proprietà (brevetti) che ostacolano l’imitazione tecnologica. L’introduzione dell’innovazione può essere vincolata dalla disponibilità finanziaria. Infatti, il rischio connesso al successo dell’innovazione è a carico di chi la finanzia. La tecnologia migliora anche con l’aumento dell’esperienza nella attività produttiva, detto learning-by-doing (imparare facendo), K.J. Arrow (Stati Uniti, 1921).
Gli effetti principali dell’innovazione tecnologica sui settori produttivi sono costituiti dalla diffusione e dalla concentrazione. Nel primo caso prevale l’imitazione della nuova tecnologia, con la conseguenza di erodere il vantaggio competitivo dei primi imprenditori. Nel secondo caso prevale l’appropriazione delle nuove tecnologie da parte di una o di poche imprese. Questo caso è dovuto a possibili vantaggi derivanti da una sistematica attività di ricerca (investimenti in ricerca e sviluppo) che permette di aumentare le probabilità di successo delle innovazioni. Storicamente il secondo caso è cresciuto di importanza, ed oggi si stima che gli investimenti in ricerca e sviluppo abbiano un ruolo determinante per la crescita delle economie maggiormente industrializzate. Il primo caso, tuttavia, continua ad essere di rilievo, come testimonia la presenza di tante piccole imprese di successo in Italia e non solo. Gli effetti delle innovazioni tecnologiche per l'intero sistema economico riguardano la crescita e la composizione della produzione di una economia e la sua occupazione. Infatti, le innovazioni tecnologiche possono aumentare la quantità e migliorare la qualità della produzione, oppure ridurre il lavoro impiegato (disoccupazione tecnologica). Prevale il primo effetto se gli aumenti dell’efficienza e di qualità stimolano sufficientemente la domanda di nuova produzione, altrimenti l’occupazione si riduce. La teoria economica non è concorde su quale dei due effetti è prevalente. David Ricardo, Inghilterra (1772-1823) sosteneva che l’introduzione delle macchine poteva generare disoccupazione, almeno temporaneamente. Gli economisti successivi erano portati ad argomentare che la domanda è sempre sufficiente per assorbire la nuova produzione. John M. Keynes (Inghilterra, 1883-1946) osservò che in passato furono le aspettative ottimistiche sul futuro progresso tecnico ed aumento della popolazione a stimolare gli investimenti e la domanda. Schumpeter sostenne che le innovazioni tecnologiche sono il motore dello sviluppo economico, ma anche che il modo con cui le innovazioni tecnologiche determinano lo sviluppo non è uniforme: la conseguenza è che il sentiero di crescita è ciclico. Visto il ruolo fondamentale che il progresso tecnico ha avuto per i paesi industrializzati, una delle visioni più consolidate del problema della povertà ne vede la causa principale nella "arretratezza tecnologica", accompagnata da una limitata espansione del settore industriale dell'economia. La soluzione più appropriata è vista nella industrializzazione, e in particolare una forte accumulazione di capitale fisico; trasferimento nei paesi poveri di tecnologie avanzate.
Questi piani di sviluppo tradizionali, adottati tra il 1950 e il 1980 hanno spesso dato risultati insoddisfacenti, soprattutto in America Latina e in Africa. Lo studio dei casi in cui questi interventi hanno fallito, ha messo in luce aspetti più complessi e profondi del ruolo della tecnologia. L'aspetto più interessante è la comprensione del fatto che la tecnologia non è una proprietà delle macchine ma un prodotto della conoscenza umana. Gli effetti dell'uso delle macchine, e a maggior ragione la capacità di creare innovazioni tecnologiche, non dipendono tanto dal capitale fisico quanto dal capitale umano. Questo concetto è oggi in primo piano negli studi sulla crescita economica e nei nuovi piani di sviluppo. Esso ha spostato l'accento sui fattori immateriali della crescita, in particolare sulla formazione della popolazione e la sua qualità di vita e di lavoro.
L’idea di tecnologie appropriate ha origine nella concezione Gandhiana di sviluppo; Gandhi ritiene che la tecnologia non deve creare forme di sfruttamento degli esseri umani, né a livello internazionale né a livello nazionale, e tanto meno, a livello locale, fra città, campagna e villaggi. Per questo Gandhi, nel suo impegno per rendere indipendente l’India dall’impero britannico, propone tecnologie a piccola scala, sistemi cooperativi e produzioni di beni e servizi di cui gli uomini abbiano veramente bisogno. Le macchine, secondo Gandhi, devono sì aumentare la produzione, purché ciò non contrasti con la dignità dell’uomo. La catena di montaggio, per esempio, se aumenta la produzione e contemporaneamente sfrutta e aliena l’uomo, non può considerarsi una macchina appropriata. Gandhi, perciò, introduce il concetto di una tecnologia socialmente appropriata.
I popoli che non hanno sviluppato tecnologie proprie incontrano oggettive difficoltà nell’importare ed utilizzare le tecnologie dei paesi più sviluppati. Esperienze relative alla industrializzazione dei paesi e delle regioni emergenti mostrano che le tecnologie proposte non sempre rispondono in maniera adeguata alle esigenze reali delle regioni e delle popolazioni. Vi è un vuoto tra gli obiettivi che si propone l’industria (minimizzazione dei costi di produzione, massimizzazione della produttività) e le esigenze reali delle regioni e delle loro popolazioni. Il riconoscimento di questa separatezza tra fra le esigenze di sviluppo economico e sociale di una regione e le esigenze di razionalità economica e organizzativa ha portato a definire il concetto di appropriatezza della tecnologia. Va osservato che il concetto di appropriatezza non è necessariamente riferito a paesi a livello di sviluppo molto basso: una tecnologia può essere appropriata anche rispetto a una popolazione altamente progredita.
Per molti studiosi una tecnologia sarebbe appropriata solo quando risolve i grandi problemi dell’uomo, della società e dell’ambiente, quali si presentano nelle società industriali avanzate. Questa definizione non è accettabile, in quanto la tecnologia è un mezzo, uno strumento per raggiungere certi obiettivi, con i quali non si identifica e che non sono necessariamente quelli che si propone una società industriale avanzata. Viceversa, dobbiamo ritenere che una tecnologia sia appropriata quando, per effetto della sua struttura e dei rapporti che riesce a stabilire con la cultura, l’ideologia, la struttura sociale del paese in cui viene adottata, dà origine a processi che si autosostengono e riescono a far crescere le attività del sistema e la sua autonomia. In altre parole, si tratta di far aumentare la capacità di sopravvivenza e di sviluppo della popolazione che la adotta. Ne consegue, data la varietà delle condizioni al contorno, che non esiste uno schema valutativo della appropriatezza di una tecnologia applicabile sempre e comunque. In un certo ambiente, un rapido sviluppo economico conseguente alla applicazione di una nuova tecnologia può avere effetti dirompenti sul tessuto sociale, quali l’abbandono delle attività agricole, l’inurbamento, il rallentamento dei vincoli familiari. In altri casi, questo non avviene.
Nella letteratura anglosassone sono presenti due concetti: la tecnologia leggera (soft technology) e la tecnologia a basso costo (low cost technology). La tecnologia leggera non è sempre identificabile con una tecnologia appropriata: il termine indica una tecnologia solitamente a basso impatto ambientale, in quanto largamente basata su procedure informatiche, certo difficilmente utilizzabili dagli abitanti dei paesi in via di sviluppo. La tecnologia a basso costo invece è più frequentemente una tecnologia appropriata, anche se non sempre si identifica con essa. Per esempio, un generatore meccanico di energia elettrica, pur essendo meno costoso di un sistema di cellule solari, può non essere appropriato in quanto richiede operazioni di manutenzione più complesse e frequenti.
Le tecnologie possono essere caratterizzate attraverso una serie di fattori.
In certi casi una tecnologia può essere appropriata quando è technology-intensive e richiede personale di buona qualificazione: sarà quindi appropriata, in questo caso, rispetto ad aree nel quale è presente una forza-lavoro a buon livello culturale. In altri casi invece, di maggiore interesse per noi, una tecnologia, per essere appropriata, deve essere labour-intensive, cioè tale da determinare un ottimale utilizzo delle risorse umane locali, adeguandosi alla cultura locale.
Non è razionale l’abitudine di bruciare aree forestali per ricavarne, nel breve periodo, terreni coltivabili; non è razionale la deforestazione realizzata per ricavarne legname da ardere, cioè una fonte di energia. In questo quadro si inserisce il recupero dai rifiuti. Da un lato, si pone il problema dello smaltimento dei residui dei processi produttivi con modalità tali da non deteriorare eccessivamente il territorio; dall’altro, quello di incoraggiare procedure di recupero di materia e di energia ogni volta che questo sia possibile.
La valorizzazione delle risorse umane e delle risorse naturali e la tutela dell’ambiente sono maggiori, nei paesi in via di sviluppo, se capitale e lavoro vengono suddivisi in aree relativamente piccole. Si pensi, per contrasto, alla negatività delle megalopoli che si sono formate in India, Brasile ed altri Paesi del Sud-America.
Sembra opportuno individuare, ove possibile, diverse soluzioni per uno stesso problema tecnologico; questo presenta il vantaggio di rendere meno vulnerabile la struttura produttiva. Da un altro punto di vista, se appare difficile trovare soluzioni di livello modesto per la produzione di oggetti in materiale plastico, è invece possibile dare soluzioni diverse, di dimensioni ridotte e molto decentrate, al problema del recupero delle plastiche usate da avviare al riciclaggio.