Decrescita è un termine coniato da Nicholas Georgescu-Roegen, fondatore della bioeconomia. Decrescita indica un sistema economico basato su principi differenti da quelli che regolano i sistemi vincolati alla crescita economica.
La decrescita è un concetto politico, secondo il quale la crescita economica - intesa come accrescimento costante di uno solo degli indicatori economici possibili, il Prodotto Interno Lordo (PIL) - non è sostenibile per l'ecosistema della terra. Questa idea è in completo contrasto con il senso comune politico corrente, che pone l'aumento del livello di vita rappresentato dall'aumento del PIL, come obiettivo di ogni società moderna. L'aggettivazione sostenibile allude alla proposta di organizzarsi collettivamente in modo che la diminuzione della produzione di beni non costituisca riduzione dei livelli di di civiltà.
L'assunto principale è che le risorse naturali sono limitate e quindi non si può immaginare un sistema votato ad una crescita infinita. Il miglioramento delle condizioni di vita deve quindi essere ottenuto senza aumentare il consumo ma attraverso altre strade. Proprio per la costruzione di queste vie sono impegnati numerosi intellettuali, al seguito dei quali si sono formati movimenti spesso non coordinati fra loro, ma con l'unico fine di cambiare il paradigma dominante della necessità di aumentare i consumi per dare benessere alla popolazione. Un esempio di questi gruppi sono i GAS, Gruppi di Acquisto Solidale, i sistemi di scambio non monetario o gli ecovillaggi. Il principale esponente di questa corrente è Serge Latouche.
La teorizzazione della Decrescita si basa su quattro presupposti:
* Il funzionamento del sistema economico attuale
dipende essenzialmente da risorse non rinnovabili. Così com'è, non è quindi
perpetuabile. I sostenitori della Decrescita partono dall'idea che le riserve di
materie prime sono limitate, particolarmente per quanto riguarda le fonti di
energia, e ne deducono che questa limitatezza contraddice il principio della
crescita illimitata del PIL, e che, anzi, la crescita così praticata genera
dissipazione di energia e crescente dispersione di materia. Alcuni sostenitori
della teoria (in particolare Vladimir Vernadsky), mutuando dalla seconda legge
della termodinamica il concetto di entropia, ritengono che la crescita del PIL
comporti una diminuzione dell'energia utilizzabile disponibile, e della
complessità degli ecosistemi presenti sulla Terra, assimilano la specie umana ad
una forza geologica entropizzante.
* Non v'è alcuna prova della possibilità di separare la crescita economica dalla
crescita del suo impatto ecologico.
* La ricchezza prodotta dai sistemi economici non consiste soltanto in beni e
servizi: esistono altre forme di ricchezza sociale, come la salute degli
ecosistemi, la qualità della giustizia, le buone relazioni tra i componenti di
una società, il grado di uguaglianza, il carattere democratico delle
istituzioni, e così via. La crescita della ricchezza materiale, misurata
esclusivamente secondo indicatori monetari può avvenire a danno di queste altre
forme di ricchezza.
* Le società attuali, drogate da consumi materiali considerati futili (telefoni
cellulari, viaggi aerei, uso costante e non selettivo dell'auto ecc.) non
percepiscono, in generale, lo scadimento di ricchezze più essenziali come la
qualità della vita, e sottovalutano le reazioni degli esclusi, come la violenza
nella periferie o il risentimento contro gli occidentali nei paesi esclusi dallo
(o limitati nello) sviluppo economico di tipo occidentale.
La teoria della decrescita sostenibile non implica evidentemente il perseguimento della decrescita in sé e per sé: si pone invece come mezzo per la ricerca di una qualità di vita migliore, sostenendo che il PIL consente solo una misura parziale della ricchezza (un incidente d'auto, ad esempio, è un fattore di crescita del PIL) e che, se si intende ristabilire tutta la varietà della ricchezza possibile, allora è urgente smettere di utilizzare il PIL come unica bussola.