Bisogno:
è uno stato di insoddisfazione dell'uomo dipendente da sue esigenze corporali
e/o spirituali, individuali e/o collettive. Accanto ai bisogni primari
(nutrirsi, ripararsi dalle intemperie ) esistono anche dei bisogni secondari (o
di civiltà) che si presentano e si sviluppano man mano che l'uomo avanza sulla
strada del progresso sociale e civile (cultura, istruzione, viaggi, sport,
comfort, etc.) Possiamo inoltre distinguere fra bisogni individuali (ad
esempio rinnovare il guardaroba), collettivi (ad esempio il fatto che un
condominio abbia una adeguata illuminazione) e pubblici (ad esempio sanità,
trasporti, mantenimento dell'ordine pubblico).
Capitale:
nel linguaggio comune, è un termine che indica il patrimonio di un
individuo o di un'azienda sotto il profilo sia finanziario sia reale. Nella
pratica medievale mercantile designava una somma di denaro produttrice di
interesse, cioè il credito "principale" o "capitale" (dal
radicale latino "caput"), in quanto distinto dal credito derivato
rappresentato dall'interesse. Il capitale è costituito dai beni utilizzati non
per soddisfare immediatamente dei bisogni ma per essere impiegati nella
produzione di altri beni. I beni capitali soddisfano infatti in maniera
indiretta i bisogni dell'uomo permettendo la produzione di altri beni e
contribuendo al soddisfacimento di bisogni futuri. La formazione del capitale si
ha secondo questa sequenza: produzione, distribuzione di reddito, risparmio
(astensione dal consumo), capitale . L'impiego del capitale dà luogo ad
investimento produttivo: i beni prodotti per essere impiegati nel ciclo
produttivo sono detti beni di investimento, cosa che rende possibile
l'incremento della base produttiva.
Capitalismo: è un sistema economico e sociale che ha come presupposto presuppone la proprietà privata. In esso i mezzi di produzione appartengono a coloro che hanno investito i capitali e la distribuzione del surplus è congruente con tale fisionomia. L'apparizione di un sistema economico definibile come capitalismo è associata all' affermazione del ruolo determinante del capitale, intendendo con esso l' insieme dei mezzi materiali necessari a gettare le basi di un processo sostenuto e continuo di espansione produttiva caratterizzato dall'impiego di capitale fisso (macchinari ed impianti) disponibili in forma concentrata nelle mani di singoli operatori. Il capitalismo ha la sua prima attuazione in Inghilterra (seconda metà del secolo XVIII) e una piena espansione sempre in Inghilterra , modello classico di capitalismo , nella prima metà dell'Ottocento. Si parla per tale epoca di capitalismo liberistico/imprenditoriale, cui subentrano poi forme diverse , ad esempio il capitalismo caratterizzato da oligopolio/monopolio con prevalenza graduale del capitale finanziario (seconda metà dell'Ottocento quando capitalismo e colonialismo/ imperialismo si intrecciano fortemente). Il capitalismo ha convissuto e convive con forme diverse di Stato: da quello liberale a quello protezionista a quello keynesiano-interventista a quello neoliberista.
Etica:
(dal greco ETHOS = costume). A partire dalla filosofia greca si inizia a riflettere in modo preciso riguardo
la morale, la giustizia e la rettitudine; la vera scienza filosofica della
morale viene fondata da Socrate che indaga intorno al concetto di "essenza
del bene" e di "virtù" intesa come unico mezzo per perseguire la
felicità. Nasce con lui il razionalismo etico, per cui chi conosce il bene fa
il bene. Tale concetto sta al centro della successiva speculazione platonica di
Repubblica dove l’idea di bene, l’oggetto di conoscenza ontologicamente più
alto e conseguibile tramite il Nous, compete ai filosofi-reggitori dello Stato i
quali rendono appunto così possibile uno stato giusto (Etica universalistica
assolutistica).
Aristotele, in
polemica con Platone, ritiene che l’etica non possa invece essere
rigorosamente dedotta da principi ideali (ambito del necessario), ma che essa
debba essere inserita nell’ambito del possibile: proprio Aristotele introduce
il termine "etica" per indicare una speciale classe di virtù. Secondo
lui gli uomini hanno come scopo la felicità: ma quando sono veramente felici?
La vera differenza dell’uomo rispetto agli animali è la razionalità e perciò
la felicità dell’uomo dovrebbe essere una vita razionale. Tuttavia, poiché
l’uomo è anche anima sensitiva e vegetativa, occorre una virtù etica che
sottometta tali due anime alla ragione e faccia scegliere il "giusto
mezzo", scelta non facile e che va continuamente ripetuta perché diventi
abitudine (Etica universalistica non assolutistica).
Kant riprende con
energia la tematica dell’etica nella "Critica della ragion pratica"
in cui l’azione morale è veramente tale se corrisponde all’
"imperativo categorico" che è universale, è la "stella
polare" del mondo morale e si identifica con dovere assoluto. L’autentica
moralità consiste non nel raggiungimento del fine, ma nella "volontà
buona", nella conformità di essa alla legge, cioè all’ imperativo
categorico dettato dalla ragione (autonomia della legge morale) e caratterizzato
da formalità: la legge comanda infatti non di compiere questa o quella azione,
ma di conformare la volontà al comando. La formula è allora "Opera in
modo che la massima della tua volontà possa sempre valere come principio di una
legislazione universale". Ma poiché questo comando implica l’esistenza
di altri soggetti morali, bisogna porre tutti gli uomini su uno stesso piano e
"agire in modo da trattare l’umanità, nella mia come nell’altrui
persona, sempre come fine e mai come mezzo".
Etnocentrismo:
indica la convinzione da parte di un gruppo di possedere una cultura superiore a
quella di ogni altro gruppo; tale sentimento di superiorità porta ad assumere
la propria cultura come parametro per giudicare le altre. Questo atteggiamento
è servito in larga misura a razionalizzare la politica di espansione
imperialistica e coloniale delle potenze europee specie nella seconda metà
dell'Ottocento quando esse hanno deciso di conquistare mercati che
soddisfacessero il loro bisogno di materie prime e potessero,
contemporaneamente, funzionare da smaltimento per i prodotti industriali
europei. L'etnocentrismo si è culturalmente anche intrecciato a teorie di tipo
darwinistico ed ha trovato le sue forme più esasperate nel razzismo dei secoli
XIX e XX. Una vivace reazione contro l'
etnocentrismo è stata prodotta dalla scuola del relativismo culturale (M.
Herskovits e R. Benedict ). Questa scuola tende a mettere in luce il significato
intrinseco e incomparabile di ogni cultura, che possiede un valore in sé e può
essere giudicata solo in base alle proprie categorie: questa scuola sostiene che
ogni valore, ogni norma, ogni manifestazione di un bisogno e tutti i
comportamenti che ne seguono, debbono e possono venire giudicati esclusivamente
nel contesto di una società e della cultura entro la quale sono sorti e sono
inseriti.
Gattung
ritrovabile nella tradizione filosofica sia idealistica che non (cfr. ad es.
G.F.W.Hegel e L. Feuerbach) si intende l’uomo come ente generico,
astratto, o puramente speculativo o comunque, anche quando esso non sia solo
pura spiritualità ma anche materialità, visto sempre quale "genere
umano". Contro tale concetto polemizza K. Marx il quale valorizzando la
realtà economico-sociale approda al concetto di uomo come "essere
socialmente determinato". L’aspetto della realtà è ben presente
anche nel concetto di Uomo situato, l’essere,
cioè, la cui natura è storicamente e/o socialmente pregnante (qui il
riferimento è al marxismo) ed è riconducibile all’insieme dei rapporti
(naturali, sociali, economici, quali che siano)da lui instaurati con gli altri
uomini, quindi alle comunità in cui egli è inserito ed esplica la sua
personalità.
Giustizia: è un concetto difficilmente riconducile ad un unico significato ma, generalmente, viene inteso in due sensi principali
come rispetto di una norma stabilita (che può essere una regola religiosa, una legge naturale o scritta);
una norma
assoluta e imprescindibile che diviene l’ideale a cui la legge di uno
stato si deve avvicinare, tentando di realizzarlo.
Per il primo significato
si può citare Aristotele per il quale tutto ciò che è conforme
a giustizia è in qualche modo giusto (giustizia generale) nell’ambito della
quale occorre distinguere una giustizia correttiva o commutativa ( reciprocità/scambio
di pari valori come avviene nei contratti o nelle sentenze emanate da un giudice
che con l’assegnazione delle pene rettifica situazioni squilibrate) e
distributiva ( si assegnano premi e punizioni in proporzione ai meriti e
demeriti).
Altri esempi per
il primo caso: T.Hobbes il quale ritiene che prima della formazione dello stato non
ci sia problema di giustizia e che esso si ponga solo con la presenza di un
potere costituito che costringa gli uomini a ottemperare ai patti mediante il
terrore derivante da qualche punizione più grande dei benefici che potrebbero
aspettarsi dalla rottura dei patti stessi. Su tale posizione è ai nostri giorni
Hans Kelsen (1881-1973).
Globalizzazione:
con il termine globalizzazione si indica un fenomeno di progressivo allargamento
della sfera delle relazioni sociali sino ad un punto che potenzialmente arriva a
coincidere con l'intero pianeta. Da questo punto di vista la globalizzazione
delle relazioni economiche e finanziarie e la globalizzazione delle
comunicazioni (compresa l'informatizzazione del pianeta) rappresenterebbero due
chiare esemplificazioni dell'idea più generale di globalizzazione.
Interrelazione globale significa anche interdipendenza globale, per cui
sostanziali modifiche che avvengono in una parte del pianeta avranno, in virtù
di questa interdipendenza, ripercussioni (di vario segno) anche in un altro
angolo del pianeta stesso, in tempi relativamente brevi.
Glocalizzazione:
la parola Glocalization,
risultato delle parole inglesi globalization e localization, si riferisce al
fenomeno acutamente analizzato da Roland Robertson, professore di Sociologia
all’Università scozzese di Aberdeen: secondo lui la dimensione locale e
globale non si escludono, anzi la globalizzazione ha un senso se viene colta nei
fatti locali e se i fatti locali, lungi dall’essere visti come puro effetto
della globalizzazione ne rappresentano una contestualizzazione specifica.
Governo
globale: leggi ed istituzioni per dirigere e regolare le azioni o i
processi di importazione globale; oggetto di sforzi per la riforma
internazionale con lo scopo di perseguire il modello di istituzioni democratiche
transnazionali e controllare in questo modo l’ attività economica.
Attualmente c'è una carenza di governo globale se con tale termine ci si
riferisce a organismi sovrannazionali; d’altra parte, specie dopo l'11
settembre 2001, è tornata in primo piano la politica di singoli stati forti che
dominano la scena mondiale.
Homo
oeconomicus: emerge dalla teoria
liberistica di Adam Smith come soggetto economico "ideale", che è
caratterizzato, in un’ottica esclusivamente di mercato, da razionalità di
esecuzione, comportamento ottimizzante, naturale "simpatia" nei
confronti dei suoi simili in modo che, perseguendo il suo interesse, in realtà,agisce
in modo positivo per la società intera, come se essa fosse guidata da una mano
armonizzatrice invisibile; è l’uomo portatore di bisogni che, per essere
soddisfatti, necessitano del lavoro, e da tutto ciò si genera un processo
caratterizzato da divisione del lavoro, accumulazione di ricchezza e formazione
delle classi. Il termine è valso perciò ad indicare oltre A.Smith in generale
l’uomo della moderna società borghese, il soggetto economico astratto, che è
connotato o non connotato da un possedimento materiale, la proprietà privata, e
che conta, in definitiva, se ha credito, se produce, se sta su un mercato in cui
il lavoro stesso è merce e come tale comprato-venduto.
Imperialismo
culturale: Forma di egemonia culturale che permette ad alcuni stati di
imporre una visione del mondo, dei valori, e modi di vivere ad altri. Termine
usato in genere dai critici dell'influenza americana sul mondo per descrivere
come gli Stati Uniti dominano altri paesi, per esempio disseminando l'ideologia
del consumismo, spargendo l'edonismo nella cultura popolare, o un particolare
modello di democrazia o di libero mercato.
Imprese
multinazionali. Il fenomeno delle imprese multinazionali comincia a
nascere dopo la conclusione della seconda guerra mondiale anche a seguito degli
investimenti notevoli degli USA nella ricostruzione europea e
dell'internazionalizzazione del commercio. Tale fenomeno acquista però
soprattutto negli ultimi dieci anni una dimensione eclatante. Le multinazionali sono imprese oligopolistiche caratterizzate da grandi
dimensioni: esse operano non solo all'interno del paese di origine sia per
quanto riguarda le vendite, gli investimenti, il credito e l'utilizzo della mano
d'opera ma potenzialmente ovunque. Le multinazionali, inoltre, non rappresentano
la pura estensione di imprese già grandi ma sono nuove istituzioni a carattere
economico e con notevoli riflessi sulla politica che hanno cambiato i modi di produzione
preesistenti. Alla base del successo di tali imprese sta la così detta
flessibilità e cioè
- riduzione del costo del lavoro ottenuta tramite la delocalizazione del lavoro
dove esso costa meno
- riduzione del costo dei trasporti mediante l'installazione dell'azienda vicina
al luogo di produzione delle materie prime o nel luogo in cui i prodotti vengono
acquistati.
- richiesta e ottenimento di sgravi fiscali da parte degli stati che sperano
generalmente in una funzione trainante delle multinazionali
- influenza sulle politiche dello stato ospitante perché rimangano stabili le
condizioni sociali che possono assicurare il successo all'impresa
-spostamento al di fuori dello stato di origine delle lavorazioni inquinanti per
l'alto costo che esse implicano e conseguente ricerca di territori-
rappresentati in genere dai paesi poveri- che non si possono permettere
legislazioni rigorose dal punto di vista ecologico
Il comportamento delle multinazionali nell'introduzione di nuovi prodotti sul
mercato e nello spostamento in altre parti del mondo della produzione è
caratterizzata in genere dalle seguenti fasi:
1. fase: il prodotto che necessita in genere di alta tecnologia viene lanciato
sul mercato del paese sviluppato (first comer) nel quale è stato ideato . Il
prodotto a causa del suo alto prezzo iniziale viene venduto ad un pubblico
limitato ma rapidamente i costi di produzione vengono abbattuti grazie ad
ulteriori aggiustamenti
2. fase: produzione di massa- Il prodotto oramai completamente assorbito dal
mercato interno viene esportato all'estero dove è possibile ottenere anche
prezzi più alti sfruttando il fattore novità
3. fase: è quella della maturità. Il mercato interno è completamente saturato
e necessita di altri prodotti. L'impresa decide perciò di trasferire anche la
produzione all'estero dove invece il prodotto è sempre richiesto e dove può
fruire di un minor costo della forza lavoro
4. fase: può succedere che il paese di origine del prodotto diventi a sua volta
importatore di esso da parte di paesi terzi dove il prodotto viene a costare
meno. Nota: L'oligopolio è una forma particolare di concorrenza imperfetta
nella quale il mercato è dominato da poche grandi imprese. Ciascuna di esse può
influire sul mercato perché copre una quota importante dell'offerta. Tale tipo
di mercato è quello che caratterizza l'attuale sistema capitalistico.
Mercato:
è il luogo in cui avviene l'incontro fra la domanda e l'offerta dei beni e dei
fattori di produzione.Quando la domanda e l'offerta si incontrano si formano i
prezzi sia dei beni (merci) che dei fattori della produzione (diventati
anch'essi merci ) e si stabiliscono le quantità scambiate. In economia con il
termine mercato ci si riferisce esclusivamente ad un luogo astratto, ideale . Il
capitalismo è un sistema di mercati. Poiché il prezzo è il risultato
dell'agire della domanda e dell'offerta, esso viene ad essere l'indicatore più
efficace di quanto sta avvenendo in ogni mercato e poiché gli scambi devono
essere attuabili in maniera rapida e pratica, la moneta diventa essenziale in
quanto per mezzo di essa si misurano i valori delle merci che devono rapidamente
circolare. Si può inoltre parlare di mercati RIONALI, CITTADINI, REGIONALI,
NAZIONALI, INTERNAZIONALI, oppure di mercato al MINUTO o all'INGROSSO.
Merce:
è merce ciò che è atto a soddisfare un bisogno e che può essere scambiato
con qualcosa di equivalente (altra merce o denaro o "rappresentazione"
del denaro stesso). Nella produzione capitalistica ogni merce ha un duplice
carattere : valore d'uso e valore di scambio. Il valore di scambio presuppone
sempre un qualche valore d'uso. Mentre nelle società precapitalistiche possiamo
parlare di una fisionomia riconducibile a M-D-M , per la società capitalistica
parliamo invece di D-M-dD, cioè di una fisionomia in cui prevale lo scopo del
profitto rispetto alla soddisfazione del bisogno.
Modernizzazione: I significati della parola possono essere vari ma, riferiti al contesto della globalizzazione, si identificano con la storia europea ed occidentale dopo la scoperta dell'America, la rivoluzione scientifica, la progressiva autonomizzazione della scienza e della tecnica, le rivoluzioni industriali (tutte, per arrivare alla rivoluzione post-industriale dell'informatica), le comunicazioni sempre più veloci e la prevalenza di una cultura (quella occidentale, intrecciata al modello capitalistico nelle sue varie metamorfosi storiche) rispetto alle altre.
Moltitudine:
Il termine moltitudine, che è al
centro del dibattito attuale di filosofia politica,
ha in Spinoza un padre illustre. In Spinoza moltitudine significa una
vera e propria pluralità che persiste positivamente in tutta una serie di
azioni e affetti senza ridursi mai ad un Uno ed è perciò una struttura
portante delle libertà civili. Opinione del tutto opposta è ritrovabile invece in
T.Hobbes che
riporta il concetto di moltitudine allo stato di natura,
a prima cioè dello stato politico, quando vigeva l’ homo
homini lupus (uomo lupo, cioè belva, per l’altro uomo) e vi erano i
molti, mentre dopo la fondazione dello stato (che assicura l’esistenza a tutti
quelli che si legano con un pactum unionis che è anche pactum subjectionis) vi
è un popolo, cioè un uno. Eco di
tale opposizione moltitudine-popolo ( storicamente ha avuto la meglio il termine
popolo) è ritrovabile nella coppia pubblico-privato del pensiero liberale e
collettivo-individuale di quello socialista. Attualmente molti filosofi
ritengono opportuno recuperare il concetto di moltitudine che non si contrappone
all’uno ma lo ridefinisce: nella società post-fordista
i molti vanno pensati come individualizzazioni di un universale che è già
in atto nella produzione caratterizzata da prevalenza della dimensione cognitiva
e che non è lo Stato ma il linguaggio, l’intelletto, le comuni facoltà
del genere umano. L’uno, inteso in questa maniera, è la premessa, lo sfondo
su cui collocare un’esperienza collettiva ed un’esperienza individuale
sempre meno separabili.
Neoliberismo:
variante della fine del ventesimo secolo della teoria secondo cui la
competizione tra le imprese sul mercato alla presenza di uno stato limitato
meglio incoraggia lo sviluppo; da tale accezione deriva l’esaltazione della
libera impresa e il movimento delle merci e del capitale non frenato da tariffe
e regolamenti nei liberi mercati globali; ma anche termine oggetto di critiche da
parte degli oppositori dell’ideologia capitalista i quali attaccano
l'espansione del mercato come valore in sé.
Nuova Divisione Internazionale del Lavoro: La disseminazione di diversi posti di fabbricazione in diverse nazioni,sfruttando le differenze nei costi di produzione e le economie di scala; più generalmente, dalla fine degli anni settanta, il processo per il quale i paesi,soprattutto quelli Asiatici, assumono dei ruoli principali in certi settori dell'industria (ad esempio catene di montaggio).
Onu (Organizzazione delle Nazioni Unite)
Costituita a S.Francisco (USA) il 26 giugno 1945
Promotori di essa: i paesi che avevano vinto la Seconda
Guerra Mondiale
All’inizio contava 55 paesi membri (l’Italia vi è stata ammessa nel 1955
Attualmente conta quasi tutti gli stati del mondo, circa
180
Obiettivi
dell’ONU
Pace e
sicurezza internazionale
Sviluppo
economico e sociale dei popoli
Rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
Personalismo.
Postfordismo:
Indica un modello sociale il cui modo di produzione non è più dominato da
forme centralizzate di accumulazione e distribuzione della ricchezza (certi
luoghi, e quindi certe industrie) rispetto alle quali era fondamentale la
relazione fra rappresentanze dei vari interessi e la super
visione di uno Stato-nazione, ma da forme di accumulazione flessibili,
capaci di integrare e mettere in rete i luoghi di produzione, i tempi, le
ricchezze, anche se molto diversi fra loro. In questo sistema viene in primo
piano la connessione fra sapere e produzione, tanto che si parla di società
post-industriali, non perché l’industria non ci sia più ma perché
l’industria e la sua dislocazione viene ad esempio a dipendere dai saperi
accumulati nelle reti informatiche e dalle potenzialità di delocalizzazione che
esse implicano. Allo stesso modo il lavoro viene ad assumere una dimensione di
sfera pubblica in cui l’interazione fra individui è resa possibile non dalla
presenza contemporanea di essi in una fabbrica ma dall’interagire complesso su
basi linguistiche e affettive. Da qui l’importanza crescente della
cooperazione linguistica di uomini e donne nel loro agire concreto
Relativismo
culturale: Equivale in senso generale alla posizione che
rifiuta ogni fondamento assoluto inteso come criterio per giudizi ed azioni e,
in tale accezione, il relativismo risale alla Sofistica. Una particolare branca
di Relativismo è quella evidenziatasi a seguito della scoperta dell'America :
di fronte a coloro che, partendo dal parametro della cultura europea cristiana,
interpretavano il diverso come selvaggio in senso negativo abbiamo la posizione
di Montaigne per il quale il Relativismo diventa invece apertura al diverso. In
questo caso il relativismo è l'opposto dell' etnocentrismo e viene
assunto quale concetto chiave dell'antropologia del Novecento . Vale la pena di
osservare come l'apertura al diverso talvolta sia stata anche interpretazione di
per sé benevola del diverso, filtrato polemicamente in modo positivo versus il
negativo costituito dalla società occidentale e idealmente ad essa contrapposto
(esotismo, sauvagerie, mito del Paradiso perduto e ritrovato).
Sistema
economico capitalistico. Nel capitalismo i
fattori di produzione (capitale, terra, lavoro) appartengono a individui liberi, che ne dispongono senza alcun vincolo giuridico, e che
possono scambiare quello che possiedono in modo privatizzato.
Il mercato è il luogo in cui avviene l'incontro fra domanda e offerta dei beni
e dei fattori di produzione. Quando domanda e offerta si incontrano-
presupponendo un mercato di concorrenza perfetta- si formano i prezzi sia dei
beni ( merci) che dei fattori di produzione (diventati anch'essi merci). La
cessione dei mezzi di produzione avviene in mercati appositi ( del lavoro, della
terra, del capitale) : il mercato è quindi l'altra caratteristica peculiare del
sistema capitalistico. Il capitalismo si configura perciò come un sistema di mercati e, poiché il
prezzo è il risultato dell'agire della domanda e dell'offerta , esso è
l'indicatore più efficace di quanto sta avvenendo in ogni mercato. Poiché inoltre gli scambi devono essere attuabili in maniera pratica e veloce,
la moneta diventa essenziale e, dato che essa aiuta la circolazione delle merci
ma può anche essere risparmiata, è resa possibile un'accumulazione di
ricchezza senza che vi sia un'accumulazione concreta di merci e prodotti. L'economia capitalistica si è imposta , a partire dal Settecento e Ottocento,
come sistema dominante di produzione- distribuzione-consumo.
Stato-nazione: A
partire dal 1400 e, con maggiore nettezza dal 1500, nasce in Europa lo STATO
MODERNO. Lo STATO -NAZIONE dell'Ottocento è, a sua volta, la forma
politico-giuridico economica forse più significativa e perfezionata dello stato
moderno il quale si presenta non solo come territorio, apparato
burocratico-politico, popolazione, ma anche con una precisa fisionomia storica,
culturale, linguistica ecc. per cui una certa nazione, rivendica/ribadisce la
sua differenza rispetto ad altre e vuole costituirsi in stato. Non a caso
l'Ottocento può essere definito come il secolo delle nazioni - di quelle già
determinatesi e di quelle in divenire ( basti pensare alla Germania e
all'Italia) . Lo stato-nazione , grazie all'unificazione del mercato interno,
alla tutela di esso e alla capacità di avanzare verso altri mercati corrisponde
efficacemente agli interessi della borghesia , classe in ascesa del secolo XIX e
, con tutte le varianti del modello( basti pensare al nazionalismo, al razzismo,
al colonialismo e all'imperialismo ) permane nella sua importanza almeno fino
alla seconda guerra mondiale , il cui scoppio può anche essere connesso per
certi aspetti all'esasperazione delle tematiche nazionalistiche e razzistiche
della Germania di Hitler e dell'Italia di Mussolini alleate con il Giappone. Il tramonto dello stato nazione avviene a partire da secondo dopoguerra,
dapprima per motivi politici, a causa del determinarsi di due blocchi
contrapposti e aggregati rispettivamente intorno alle superpotenze USA e
all'URSS ; successivamente, dopo la caduta del muro di Berlino del 1989,
subentrano invece motivi decisamente economici e riportabili alla
globalizzazione. Essa infatti smantella le frontiere degli stati, esige
politiche liberistiche e neoliberistiche, reclama l'abolizione di qualsivoglia
forma di intervento statuale in economia rendendo obsoleto qualsiasi tipo di
Welfare-State.
Sussidiarietà.
Tolleranza:
è un termine che designa un atteggiamento disposto a riconoscere legittimità
alle idee ed ai comportamenti altrui, altresì definita come dottrina filosofico
- politica che ammette la libera manifestazione di tutte le confessioni
religiose e delle relative forme di culto. Il concetto moderno di tolleranza, il
cui cammino è estremamente accidentato, nasce da molteplici cause e, fra esse,
l' ampliarsi delle conoscenze extra europee conseguente alle crociate e alle
scoperte geografiche del 1400-1500 e le guerre di religione ma ha trovato pieno
riconoscimento solo con l'Illuminismo quando Tolleranza comincia a significare
non solo il rispetto di fedi diverse ma, più in generale, rispetto di idee
diverse e diversi punti di vista. Vale la pena di osservare come l'etimo della
parola sia carico di ambiguità e implichi il riferimento al latino tolus (peso)
tanto che in latino il verbo corrispondente è tipico della sopportazione della
fame, del freddo, degli oneri fiscali. Quindi il tollerare si collega, come
etimo, ad un qualcosa che viene ritenuto non positivo e che però viene
sopportato per necessità convenienza, ecc. Solo con la piena accettazione della
Tolleranza e la sua acquisizione di dignità filosofica derivante soprattutto
dall'Illuminismo si è registrato un ri-orientamento semantico del termine: la
tolleranza è sempre meno degnazione e sempre più obbligo corrispondente ad un
diritto.
Welfare
State.
Premesse teoriche (cfr. J.M. Keynes)
Lo Stato interviene in economia e tende a governare , mediante un'economia
mista, il ciclo economico al fine di assicurare un certo livello di occupazione.
Secondo Keynes il livello dell'occupazione è infatti determinato dalla somma
degli investimenti e dei consumi (domanda aggregata). Gli effetti benefici
dell'aumento della domanda di beni sono più che proporzionali e sono
caratterizzati da MOLTIPLICAZIONE E ACCELERAZIONE. L'economia lasciata a se
stessa non ha queste capacità : da qui la necessità di un intervento statale
Questo tipo di Stato si propone di assicurare a tutti i cittadini il soddisfacimento di bisogni primari quali l'occupazione, la casa , l'assistenza sanitaria e l'istruzione Conseguenza: creazione di sistemi di sicurezza sociale per garantire solide basi di assistenza e previdenza , aumento dell'intervento statuale in ambito culturale-scolastico. Lo Stato cerca di ridurre le disuguaglianze derivanti non dalle diverse capacità ma dalla nascita e dalla posizione sociale delle persone , differenze su cui le persone possono avere un controllo minimo. Delle parole con cui si designa tale Stato quella francese è la più pregnante perché essa esprime l'idea che il fato e il destino possono essere modificati dallo Stato democratico e sociale che impersona valori umani e collettivi. Esempi di disuguaglianze : sociali, nei vantaggi che si ricavano dai servizi pubblici , ad esempio l'istruzione, la cultura, la sicurezza, il crimine. Talvolta disuguaglianze economiche e sociali si combinano con disuguaglianze nell'accesso alla casa, alla salute, all'informazione, all'esercizio di cittadinanza , fra i sessi. La prevenzione delle disuguaglianze può essere attuate a monte (prima che si accumulino) o a valle (distribuendo reddito). Delle parole con cui si designa tale Stato, quella francese è la più pregnante perché essa esprime l'idea che il fato e il destino possono essere modificati dallo Stato democratico e sociale il quale impersona valori umani e collettivi finalizzati a modificare le disuguaglianze sociali anche tramite i vantaggi che si ricavano dai servizi pubblici , ad esempio l'istruzione, la cultura, la sicurezza contro il crimine.