Attualmente ci sono 1,2 miliardi di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno, mentre circa metà della popolazione mondiale sopravvive con meno di due dollari al giorno. Avendo poche possibilità di scelta o opportunità, essi sono condannati a vivere delle vite soggette a fame, malattia, analfabetismo, disoccupazione e mancanza di speranza. Molto frequentemente, essi non dispongono di cibo, acqua potabile, servizi sanitari di base, istruzione, assistenza sanitaria e moderni servizi energetici. In occasione del Vertice del Millennio, tenutosi nel settembre 2000, 147 capi di Stato e di Governo e complessivamente 191 Paesi hanno adottato la Dichiarazione del Millennio, che stabilisce degli obiettivi specifici per lo sviluppo e per l’eliminazione della povertà. A tale scopo, entro il 2015, essi si sono impegnati a:
* Dimezzare il numero di persone che vivono con
meno di un dollaro al giorno.
* Dimezzare la percentuale di persone che soffrono la fame.
* Dimezzare il numero di persone che non hanno accesso all’acqua sicura da bere
ed alla portata di tutti.
* Garantire che tutti i bambini e le bambine completino la scuola elementare.
* Raggiungere l’uguaglianza fra i sessi nell’accesso all’istruzione.
* Ridurre di due terzi il tasso di mortalità puerperale.
* Ridurre di due terzi il tasso di mortalità fra i bambini al di sotto dei
cinque anni di età.
* Fermare e invertire la tendenza alla diffusione dell’HIV/AIDS, della malaria e
di altre malattie principali.
* Raggiungere entro il 2020 dei significativi miglioramenti nelle esistenze di
almeno 100 milioni di abitanti dei quartieri degradati.
Anche se un numero significativo di persone vive in povertà nei Paesi industrializzati, la maggioranza di persone che versano in condizioni di povertà estrema risiedono nei Paesi in via di sviluppo. Dei 4,6 miliardi di abitanti nei Paesi in via di sviluppo:
* Pressappoco 800 milioni non dispongono di cibo
sufficiente per condurre delle esistenze normali, sane e attive.
* Più di 850 milioni sono analfabeti.
* Più di un miliardo di persone non ha accesso alle risorse di acqua pulita.
* Circa 2,4 miliardi non dispone dei servizi sanitari di base.
* Quasi 325 milioni di bambini e bambine non frequenta la scuola.
* 11 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni di età muoiono ogni anno per
cause che potrebbero essere evitate.
* Circa 36 milioni di persone sono affette dall’HIV/AIDS.
* Circa 120 milioni di coppie che vorrebbe far uso di metodi contraccettivi non
ha la possibilità di farvi ricorso.
* Il tasso di povertà dell’Asia orientale è diminuito, passando da circa il 28
per cento nel 1990 al 15 per cento del 1998, con il numero di persone che vive
in povertà che si è ridotto da 418 a 267 milioni.
* Nell’Africa sub sahariana, il tasso di povertà è del 48 per cento circa ed è
rimasto invariato nel corso dell’ultimo decennio. Ciononostante, il numero delle
persone che vivono in condizioni di povertà è aumentato, passando dai 220
milioni del 1990 ai 300 milioni del 1998.
Il progresso è possibile. Sono stati infatti ottenuti dei successi nel portare l’aspettativa di vita media mondiale da 60 a 70 anni; il tasso di mortalità infantile è stato dimezzato, passando da 100 a 50 per mille nati vivi; il numero dei denutriti è diminuito, passando da circa 900 milioni a pressappoco 800 milioni; ed il tasso di alfabetizzazione negli adulti è in crescita, da un livello di poco superiore al 60 per cento a quasi l’80 per cento. Nel corso degli ultimi 30 anni, nei Paesi in via di sviluppo, la percentuale delle famiglie rurali con accesso all’acqua sicura ha registrato un incremento superiore a cinque volte e, sempre nei Paesi in via di sviluppo, il tasso di diffusione dei contraccettivi ha raggiunto quasi il 50 per cento.
Mediante il commercio e gli investimenti, oltre che le riforme effettuate in altri settori quali la finanza, la capacità di governo, le infrastrutture e i sistemi giuridici, nel corso degli anni ’90 i Paesi che si sono integrati con successo nell’economia mondiale hanno visto il proprio reddito pro capite aumentare fino al cinque per cento annuo. La crescita in Paesi come la Cina, l’India, l’Uganda e il Vietnam ha portato a una diminuzione complessiva nel tasso di povertà. Negli anni ’90, per esempio, in Cina il numero delle persone che vivevano in condizioni di povertà estrema si è ridotto da 360 a 210 milioni. In Uganda, la povertà è diminuita del 40 per cento, mentre in Vietnam si è dimezzata.
Numerosi Paesi in via di sviluppo hanno già raggiunto il traguardo dell’istruzione elementare universale sia per i bambini che per le bambine, oppure sono in procinto di riuscirci. Più del 60 per cento della popolazione mondiale vive in 43 Paesi che hanno raggiunto, o sono sul punto di raggiungere, l’obiettivo di dimezzare la percentuale di persone che soffrono la fame. Nonostante questi progressi, su scala globale la povertà persiste. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha sollecitato i Paesi donatori a raddoppiare gli attuali livelli di assistenza, portandoli a 100 miliardi di dollari all’anno, allo scopo di raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
La Banca Mondiale, in un rapporto diffuso nel gennaio 2002, è giunta a simili risultati, stimando che per raggiungere gli Obiettivi sarebbero necessari aiuti addizionali pari a 40-60 miliardi di dollari all’anno. Il Presidente della Banca Mondiale, James Wolfensohn, ha affermato che per i Paesi industrializzati si tratterebbe sommariamente di raddoppiare gli attuali flussi di assistenza, portandoli approssimativamente allo 0,5 per cento del prodotto nazionale lordo (PNL) — tuttora ben al di sotto dell’obiettivo dello 0,7 per cento concordato anni fa dai leader mondiali. In risposta a questa richiesta delle Nazioni Unite e ad altre, in occasione della Conferenza Internazionale sui Finanziamenti per lo Sviluppo tenutasi a Monterrey, in Messico, nel marzo 2002, i leader mondiali si sono impegnati a corrispondere ulteriori 12 miliardi di dollari all’anno in aiuti entro il 2006. Anche se gli impegni complessivi non raggiungono i livelli necessari, essi hanno comunque invertito la tendenza alla diminuzione degli aiuti ed i Paesi donatori potrebbero essere motivati ad offrire di più nel caso in cui le loro richieste per quanto riguarda responsabilità e risultati siano soddisfatte. Come generare fondi addizionali ed in che modo orientare meglio gli aiuti, allo scopo di raggiungere uno sviluppo sostenibile, sono le sfide fondamentali che sono all'orizzonte.
Nel corso della storia la povertà è stata percepita in modo molto diverso. Oggi è intesa come una condizione economica e sociale che implica una privazione dei mezzi necessari per la soddisfazione dei bisogni. La linea della povertà è il livello di reddito sotto cui un individuo o una famiglia non possono procurarsi regolarmente quanto necessario per l’esistenza. Per povertà assoluta s’intende «una situazione in cui si riesce a malapena a sopravvivere per la concomitanza di sottoalimentazione, malattia, analfabetismo, tasso di nascite troppo alto, sottoccupazione e reddito insufficiente» (Banca mondiale). La povertà relativa implica una relativizzazione della condizione dell’individuo o del gruppo rispetto alla società di riferimento, alle sue dimensioni e ai suoi valori, da cui discendono tensioni e disagio, a livello non solo economico ma anche sociale, psicologico e culturale. Nei paesi industrializzati, povero è chi ha una spesa media inferiore alla metà della spesa media individuale, un concetto puramente statistico. La povertà non può essere ridotta a una dimensione. Alcuni parametri per una sua analisi sono il grado di denutrizione, il tasso di analfabetismo e la speranza di vita. Vi si mescolano comunque elementi culturali e psicologici non indifferenti. Molti suoi aspetti inoltre non sono misurabili. La denutrizione in India è maggiore che in Africa, nonostante la prima abbia una maggiore autosufficienza alimentare, perché i poveri non possono acquistare il cibo prodotto nel paese. Nel mondo i due terzi dei poveri vivono nelle zone rurali, dove l’incidenza del fenomeno è più marcata che nelle città. In alcuni paesi però (es. Brasile, Filippine, Tunisia) i consumi alimentari in città sono inferiori che in campagna. Nei centri urbani i più piccoli vivono di elemosine, le più grandicelle di prostituzione e gli uomini di lavori saltuari. Alcuni fenomeni demografici sono contemporaneamente causa e conseguenza della povertà, secondo un modello di circolo vizioso: un eccessivo aumento demografico (troppi figli) causa la povertà, che a sua volta causa un ulteriore aumento demografico. Le svariate cause della povertà risentono di molti fattori (età, ruolo sessuale e sociale, località, situazioni concrete). Esse sono:
* Mancanza o perdita di ricchezze naturali,
risorse comuni
Scarsa fertilità o perdita della terra
Foreste
Pascoli
Acqua
* Fallimento provocato da mancanza di capitale,
che può essere una causa primaria dell’incapacità di una persona:
Alte spese di produzione
Bassi ricavi
Usura
Paghe insufficienti
* Mancanza di manodopera
* Disoccupazione
* Eredità coloniale con:
Scambi ineguali
Potere monopolistico delle grandi imprese colonizzatrici o industriali
* Tecnologia adottata (arretratezza tecnologica)
* Infrastrutture insufficienti
* Incapacità
* Mancanza di legami sociali (chi non ha nessuno)
* Carenza di educazione, ignoranza
* Carenza di organizzazione
* Carenza di disciplina
* Carenza di governo efficiente
* Comportamento antisociale del governo
* Regime politico ed economico
In particolare, le cause dell’aumento della povertà rurale sono per la F.A.O.:
* L’aumento demografico e la pressione sulla
terra.
* (in America centro-meridionale) l’aumento dei senza terra.
* (in Asia) la mancanza di mezzi per comprare il cibo.
* Un dualismo acuito tra le persone abbienti e le altre.
* L’incapacità delle strutture agrarie di adattarsi alle nuove tecnologie e alle
nuove situazioni di mercato.
* Il fatto che le classi dirigenti curino essenzialmente la vita delle città e
di alcune regioni privilegiate.
Le conseguenze della povertà sono:
* Le malattie
* Ineguaglianze sociali ed economiche
* Il lavoro minorile
* Gli esodi
* (anche nei paesi industrializzati) La devastazione ambientale
* (anche nei paesi industrializzati) L’insicurezza
* (secondo alcuni) risparmio insufficiente, che produrrebbe a sua volta il
sottosviluppo; in realtà il plusvalore prodotto non è modesto, ma va in:
uso improduttivo tramite:
immobiliari
in liquidi (oro e valuta)
in semiliquidi (cartelle del debito pubblico)
spreco, che produce a sua volta consumi opulenti
importazioni
Il 14% non ha cibo sufficiente.
Il 22% non ha accesso all’acqua.
Il 22% non vive in regimi democratici.
Il 27% è analfabeta (di cui il 64% sono donne).
Il 20% più ricco ha un reddito pari a 78 volte quello del 20% più povero.
Nel Terzo Mondo il 18% è senza servizi sanitari.
Nel Terzo mondo la mortalià infantile è pari al 9,5% (1,8% nei paesi
industrializzati).
Nel Terzo mondo la mortalità materna è pari a 471 ogni 100.000 donne (31 nei
paesi industrializzati).
Nel Terzo mondo c’è un medico ogni 6.000 abitanti (ogni 350 nei paesi
industrializzati).
Vivono in condizioni di povertà assoluta il 62% degli abitanti in Africa, il 35%
in America centro-meridionale e il 25% in Asia (particolarmente nella parte
meridionale del continente).
Nei paesi industrializzati ci sono 100 milioni di poveri.
La povertà può statisticamente essere non visibile in presenza di redditi medi accompagnati da una forte concentrazione degli stessi (all’interno degli stati, delle comunità e delle stesse famiglie). Gli studi di Amartya Sen hanno spostato il centro dell’attenzione dai mezzi (es. il reddito) ai fini e alle libertà che rendono capaci di perseguire i fini. Una privazione relativa sul piano del reddito può produrre una privazione assoluta sul piano delle capacità (vedi il fenomeno della fame nei paesi industrializzati).