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Stato del Mondo

I file in formato excel sotto elencati contengono i dati statistici relativi alle regioni del mondo. Accanto a ogni serie di dati, si trovano i confronti con la media mondiale, la media dei paesi industrializzati e con quella dei Paesi in via di sviluppo (PVS). Il file 13 Mondo contiene i dati statistici relativi a tutti i paesi del mondo, ordinati alfabeticamente.

1. Nordamerica

8. Regione cinese

2. America latina

9. Giappone e Corea del Sud

3. Europa

10.Sudest asiatico

4. Regione islamica

11.Australia e Nuova Zelanda

5. Africa nera

12.Regione del Pacifico

6. Asia centrale

13.Mondo

7. Subcontinente indiano

 

I dati statistici che compaiono nelle tabelle sono suddivisi in tre sezioni: Popolazione e territorio, Economia, Sviluppo umano. Data la diversità della situazione economica e sociale che devono rappresentare, vi sono alcune differenze tra i dati forniti per i PVS e i paesi industrializzati. Per la Svizzera, ad esempio, ha poco senso indicare la percentuale della popolazione che dispone di acqua potabile, perché ce l'hanno tutti o quasi. Nelle campagne di molti PVS invece l'acqua potabile (non l'acqua corrente in casa, che è una vera eccezione, ma una fontana o una sorgente pulita) è un bene raro e difficile da raggiungere.

 

Popolazione e territorio

Nella prima sezione sono raggruppati i dati geografici fondamentali, che riguardano l'estensione dello stato, le caratteristiche di base del territorio e la demografia. Si tratta nel complesso di nove dati, otto dei quali coincidono per PVS e paesi industrializzati, mentre solo uno differisce.

La superficie, espressa in kmq, indica le dimensioni dello spazio in cui vivono gli uomini e in cui si svolgono le attività economiche, mentre la popolazione in milioni di abitanti (riferita all'anno 2000) dà un'idea più esatta di un paese, perché le dimensioni umane contano più di quelle territoriali. Il dato più significativo è forse però la densità demografica, espressa in ab./kmq, perché dall'intensità del popolamento dipendono molte caratteristiche del paesaggio e dei modi di vita. I paesi con densità molto basse (meno di 10 ab./kmq) possono essere aridi, oppure caratterizzati dalla foresta pluviale, o situati ad alta latitudine; quelli con alte densità (oltre 150 ab./kmq) hanno un paesaggio intensamente segnato dalle attività umane.

La proiezione al 2015 del numero di abitanti (in milioni) è un dato riportato solo per i PVS, dove la popolazione aumenta rapidamente, mentre il dato corrispondente fornito per il Nord del mondo è quello della percentuale della popolazione oltre i 65 anni, perché in questi paesi la popolazione è pressoché stabile, ma l'età media è sempre più elevata. Il record mondiale dell'invecchiamento è della Svezia, con il 17,3%, seguita dall'Italia (16,1%), che presto diventerà il paese più vecchio del mondo, visto che ormai vi nascono pochissimi bambini. L'invecchiamento infatti non è dato tanto dal fatto che si viva sempre più a lungo, ma dal fatto che mancano i giovani.

La capitale coincide spesso (ma non sempre) con la città principale dello stato, o con una delle principali. Accanto, tra parentesi, viene riportata la popolazione della capitale, in milioni di abitanti.

Il tasso di fertilità è il numero medio dei bambini che nascono vivi da ogni donna nel corso della sua vita; è quindi un valore che si collega all'incremento demografico. Contenere l'incremento demografico è importante, ma per mantenere stabile la popolazione nel lungo periodo ogni donna deve fare almeno due figli.

Il dato della popolazione urbana esprime il rapporto tra quanti vivono in città e la popolazione totale. Nel mondo nel suo complesso il valore è pari al 47%, ma è più alto nei paesi industrializzati, dove sale al 75%, mentre il valore medio nei PVS è del 41%, con forti differenze da paese a paese. Nei paesi arretrati, dove l'insediamento rurale resta dominante, le percentuali di popolazione urbana sono molto basse; ma non è detto, comunque, che i paesi più urbanizzati siano quelli dove si vive meglio.

L'arativo esprime la percentuale del territorio destinata alle attività agricole vere e proprie, cioè a quelle che comportano la semina periodica, mentre le coltivazioni arboree (ad esempio le piantagioni di caffè) non rientrano in questa categoria. La quota di arativo dipende molto dall'ambiente naturale, ma anche dalle scelte in campo agrario. È importante notare che la percentuale di arativo generalmente è proporzionale alla densità demografica (e viceversa), perché l'intensità del popolamento dipende prima di tutto dalle risorse alimentari. Allo stesso modo, la percentuale di foreste dipende dal clima, e generalmente è elevata nella fascia equatoriale e alle latitudini medio-alte, ma anche in Finlandia il territorio boscoso è assai ampio (65%). Quello che cambia è non solo il tipo di foresta, ma anche lo stato di conservazione: le foreste tropicali stanno subendo infatti una forte riduzione, a differenza di quelle temperate.

Economia

La seconda sezione riguarda l'economia e consente di definire il grado di sviluppo di un paese, le sue dimensioni produttive, la struttura dell'occupazione, i flussi di scambio e la situazione finanziaria.

Il PIL (Prodotto Interno Lordo), cioè il totale dei beni e dei servizi prodotti da un'economia nel corso di un anno, viene indicato in miliardi di dollari USA, in modo che tutti i paesi siano facilmente confrontabili. Il PIL/ab., che mette in rapporto la ricchezza prodotta con la popolazione, è un dato più significativo, perché non dipende dalla dimensione di un paese ma solo dal suo grado di sviluppo economico: se il PIL/ab. è alto vuol dire insomma che il paese è ricco. Il dato proposto non è ottenuto dividendo semplicemente il PIL totale per la popolazione, ma è calcolato a parità di potere d’acquisto (ppa), considerando che i beni e i servizi hanno costi diversi nei diversi paesi.

Il dato relativo alla popolazione attiva è composto da tre valori, la cui somma è uguale a 100, che esprimono la suddivisione dei lavoratori nei tre grandi settori dell'economia: agricoltura (comprese pesca, allevamento e silvicoltura), industria (comprese le miniere) e servizi. La composizione della popolazione attiva consente di valutare la struttura economica di un paese e le condizioni di lavoro della gente. Il dato più rilevante è quello dell'occupazione agricola: tanto più è alto, tanto più l'economia è arretrata. L'occupazione nei servizi è invece il dato più difficile da valutare, perché comprende attività produttive e socialmente utili (trasporti, scuola, banche ecc) ma anche settori come la pubblica amministrazione e l'esercito, che non sempre indicano sviluppo economico.

Il rapporto tra le esportazioni e le importazioni è un modo di rappresentare sinteticamente la bilancia commerciale. Se il rapporto è uguale a 100 significa che esportazioni e importazioni si pareggiano; se è inferiore a 100 vuol dire che c'è un deficit, in caso contrario vuol dire che c'è un surplus. Quando si colloca tra il 90 e il 110% significa che i flussi con l'estero sono in equilibrio con le potenzialità economiche di un paese, ed è interessante notare come quasi tutti i paesi più avanzati rientrino in questo arco di valori. In molti Pvs invece il valore è inferiore al 70%, perché le esportazioni sono ben lontane dal coprire le importazioni, per quanto queste possano essere basse.

Il dato relativo alle spese militari in rapporto a istruzione e sanità consente in pratica di vedere come vengono utilizzate le risorse di uno stato. Consiste nel rapporto percentuale tra le spese militari e la somma degli investimenti nel campo dell'istruzione e della sanità. Le spese militari chiaramente non portano nessun beneficio alla gente, anzi producono disastri, mentre l'istruzione e la sanità sono settori il cui potenziamento porta a un miglioramento delle condizioni di vita. Se il valore del rapporto è uguale a 100 significa che si spende in armamenti quanto per scuole e ospedali, un equilibrio tutt'altro che positivo. Nei PVS la media è pari al 63%, un rapporto che indica uno spreco di risorse insopportabile per paesi dove le condizioni dello sviluppo umano sono spesso disastrose. L'unica nota positiva è che nel 1960 il dato medio era del 102%, quindi le cose stanno un poco migliorando.

Il dato del consumo di energia per abitante è determinato dall'insieme di usi industriali, trasporti e consumi domestici, e quindi esprime in sostanza il livello globale delle attività sociali che in qualche modo devono fare ricorso all'energia. Quando si accende la luce, si cucina o ci si sposta in automobile si consuma energia; dove non si dispone di luce elettrica o di mezzi di trasporto i consumi calano, ma è chiaro che anche le condizioni di vita sono peggiori. Le differenze sono enormi: si passa da paesi con valori nell'ordine dei 20 kg equivalenti di petrolio annui per abitante (è questa l'unità di misura utilizzata), a paesi che si avvicinano ai 10.000 kg. Anche il clima ha la sua importanza, perché i paesi freddi hanno esigenze energetiche maggiori, ma non è l'elemento fondamentale. Bisogna dire che il dato si riferisce al consumo di energia commerciale e non comprende quindi la combustione domestica di legname o di sterco, che in molti Pvs ha un peso rilevante.

Il dato relativo al debito estero in rapporto al PIL è riportato solo per i PVS, perché sono questi i paesi dove l'indebitamento, contratto con banche e altre istituzioni finanziarie del Nord del mondo, è un problema molto grave. Il valore dell'indebitamento è espresso in rapporto al PIL, e quindi consente da un lato di valutarne il peso rispetto all'economia nazionale, dall'altro di stabilire confronti tra i diversi stati. Un valore del 100% significa che il debito è pari all'intero prodotto interno, e quindi altissimo; nella media dei PVS, il debito estero è pari al 141% del PIL. Il problema del debito è molto grave, perché per pagare i debiti (e gli interessi) gli stati più poveri sono spesso costretti a sacrificare tutte le proprie risorse. È anche un problema finanziario internazionale, perché i debiti di grandi paesi, come ad esempio il Messico (70% del PIL), rischiano, se non onorati, di mettere in crisi anche i creditori.

Anche il dato relativo agli aiuti allo sviluppo per abitante è riportato solo per i PVS, beneficiari di questi aiuti che a, differenza dei prestiti, non prevedono restituzione, ma sono una forma di assistenza e di solidarietà internazionale. La media generale dei PVS è di 9 dollari all'anno per abitante, ma la situazione cambia molto da caso a caso. Ci si dovrebbe aspettare che gli aiuti maggiori vadano ai paesi più poveri; ma non è sempre così, perché influiscono altri fattori, come l'importanza strategica o l'affidabilità politica e così via. Per quanto riguarda i paesi industrializzati, il dato corrispondente è quello relativo agli aiuti allo sviluppo in rapporto al PIL, che indica i flussi di aiuto destinati dal Nord verso i PVS calcolati come percentuale del PIL dei paesi donatori. Per l'esattezza, riguarda solo alcuni paesi industrializzati, perché molti di questi, come quelli dell'ex Unione Sovietica, non sono nelle condizioni di concedere aiuti, ma piuttosto di riceverli. Si calcola che una quota di aiuti intorno al 2,5% del PIL potrebbe essere sopportabile per tutti e servirebbe davvero a migliorare la situazione. I paesi ricchi però si dimostrano molto avari, perché sono quasi tutti ben al di sotto dello 0,50% del PIL.

Il tasso di disoccupazione è calcolato in percentuale sul totale della popolazione attiva ed è riportato solo per i paesi industrializzati, perché per i PVS i dati sono poco significativi. È un valore di facile lettura, tenendo conto che tassi di disoccupazione superiori al 10% esprimono una realtà preoccupante. Bisogna anche tenere conto che i dati ufficiali sono quasi sempre inferiori alla realtà.

 

Sviluppo umano

La terza sezione è quella sociale, che serve ad analizzare le condizioni di vita materiali della popolazione, con riguardo particolare alla situazione delle donne e dell'infanzia.

Il valore dell'Indice di Sviluppo umano (ISU), che esprime in sintesi la qualità della vita considerando la speranza di vita, il livello dell'istruzione e il reddito reale pro capite, è fornito per tutti gli stati del mondo salvo per quelli dove le statistiche sociali sono impossibili, come per esempio la Somalia, devastata dalla guerra civile. La speranza di vita, espressa in anni, indica in pratica la durata media della vita, che nei PVS è appena sopra i 62 anni, mentre nei paesi industrializzati supera i 74: in questa differenza si riassumono tutte le differenze sociali che dividono i paesi più arretrati dai più avanzati.

Il tasso di analfabetismo, cioè la percentuale degli adulti analfabeti, è uno dei fattori più gravi di sottosviluppo e di emarginazione sociale. Nei PVS tocca circa un terzo della popolazione, mentre nel Nord del mondo solo l'1,4% della popolazione non sa leggere e scrivere. L'analfabetismo femminile rispetto a quello maschile è un dato che riguarda solo i PVS, perché nei paesi industrializzati non ci sono differenze significative tra maschi e femmine nell'alfabetizzazione. Nel Sud del mondo invece il valore medio sale al 159%, il che significa che per ogni 100 analfabeti maschi ce ne sono 159 di sesso femminile. Per le donne insomma è più difficile accedere all'istruzione di base, e questo è un fattore che incide pesantemente sulla condizione femminile.

La percentuale della popolazione al di sotto della soglia di povertà è un dato che riguarda solo i paesi industrializzati e che sottolinea la gravità degli squilibri sociali. È interessante notare come negli USA, uno dei paesi più ricchi del mondo, i poveri sfiorino il 13% della popolazione. Per molti paesi dell'est europeo e della ex URSS questo valore non è disponibile, ma è probabile che sia molto alto.

L'accesso ai servizi igienici, riportato solo per i PVS, indica la percentuale della popolazione che non dispone di infrastrutture per l'eliminazione dei rifiuti e delle escrezioni, inclusi gabinetti esterni e concimaie. Più di metà della popolazione (58%) non ne dispone. Anche la percentuale della popolazione che non dispone di un ragionevole accesso a forniture d'acqua non inquinata riguarda solo i PVS, e tocca il 29% degli abitanti del Sud del mondo. È una delle cause più gravi del diffondersi di malattie, e in alcuni paesi africani la percentuale supera addirittura l'80%.

Il dato relativo all'occupazione femminile rispetto a quella maschile riguarda invece solo il Nord del mondo. Un valore uguale a 100 indica perfetta parità dei sessi nel partecipare a un lavoro retribuito (il lavoro domestico non è considerato); valori inferiori invece indicano una discriminazione nell'accesso delle donne al mondo del lavoro. In tutto il mondo solo la Lituania ha un valore uguale a 100 e nessun paese lo supera, mentre il dato medio dei paesi industrializzati è pari al 79%. Anche il dato relativo alle donne iscritte alla scuola superiore rispetto agli uomini è riferito solo ai paesi industrializzati, e va letto con lo stesso criterio del precedente; ma in questo caso rivela una sostanziale parità femminile nell'accesso all'istruzione superiore. Nella maggior parte degli stati infatti il valore supera il 100% (sia pur di poco) e questo significa che le donne frequentano la scuola superiore come e più degli uomini.

La statistica sulla diffusione della televisione (TV/1.000 ab.) riguarda sia i PVS sia i paesi industrializzati. Le differenze tra le due aree di sviluppo sono molto forti, visto che si passa da un valore medio di 524 televisori/1.000 ab. al Nord a soli 145 (media Sud), ma in molti casi si scende anche sotto i 10; del resto, vaste regioni rurali non dispongono nemmeno di elettricità.

Il tasso di mortalità infantile, rilevato per tutti i paesi del mondo, indica i morti nel primo anno di vita ogni 1.000 nati vivi. È un indicatore importante, perché la mortalità infantile è strettamente legata alle condizioni dell'alimentazione e a quelle igienico-sanitarie, ed è quindi una spia della realtà sociale. Infatti i valori cambiano enormemente da caso a caso: nel Nord la media è del 13%, mentre sale al 65% nei PVS, ma in molti paesi supera addirittura il 150%.

Il lavoro minorile indica la percentuale dei bambini tra i 10 e i 14 anni che lavorano, ed è rilevato solo per i PVS. Anche se si tratta di un problema sociale che colpisce anche i paesi ricchi, nel Sud del mondo il fenomeno assume infatti proporzioni particolarmente allarmanti. Si fanno lavorare i bambini al posto degli adulti perché costano meno e sono una forza lavoro efficiente e sottomessa. Secondo le statistiche ufficiali la percentuale media di lavoro minorile nei PVS è pari al 16% dei giovani in quella fascia d'età, ma è probabile che la situazione reale sia più grave.