Le
Organizzazioni internazionali costituiscono i principali strumenti atti a
favorire due processi oggi fondamentali:
* la cooperazione internazionale,
* l’integrazione economica e/o politica, accanto ai negoziati bi- e
multi-laterali ed ai cosiddetti regimi internazionali. Questi vanno intesi come
insiemi di principi, norme, regole e procedure decisionali (esplicite o
implicite), scritte o convenzionali, su cui si forgiano e convergono le
aspettative dei soggetti di diritto internazionale. In questo regime, essi
tendono ad omologare i loro ruoli comportamentali in un settore specifico delle
mutue relazioni.
Le
Organizzazioni Internazionali, sono essenzialmente finalizzate a superare le
posizioni individualistiche che gli Stati assumono nella “naturale” condizione
d’anarchia internazionale. Esse si sono costituite gradualmente, attraverso
l’istituzione ed il consolidamento di strumenti per lo svolgimento di attività
collettive in uffici permanenti ad hoc, per assicurare continuità
nell’aggiustamento e nel controllo dei fini e stabilità nelle modalità di
cooperazione. Tale cooperazione ha assunto carattere vincolante nella gestione
delle mutue relazioni, grossomodo ad iniziare dal Congresso di Vienna (1815): si
pensi alle varie Convenzioni internazionali siglate all’epoca. Nell’ambito di un
sostanziale contemperamento degli interessi interni ai singoli Stati con
l’interesse unitario delle Organizzazioni Internazionali, tali uffici sono
organi separati dagli Stati membri, si prefiggono scopi, svolgono azioni,
esprimono volontà e si assumono una responsabilità giuridica autonoma. Sono
composti generalmente da un segretariato permanente, da un’assemblea costituita
dai rappresentanti degli Stati membri e da un direttivo con scopi amministrativi
ed esecutivi. Non sono provvisti di poteri coercitivi, ma annoverano almeno
quattro specifiche prerogative:
il potere di concludere accordi o trattati con Stati non-membri;
il diritto di giurisdizione su materie di competenza propria, rispetto a quella
degli Stati membri;
il diritto di protezione dei propri agenti su giurisdizioni territoriali diverse
da quelle degli Stati membri;
il diritto al pieno espletamento della propria soggettività giuridica
nell’avanzare pretese sul piano internazionale e per la riparazione di eventuali
danni arrecati a propri agenti/funzionari. Ciò accade perché, rispetto
all’appartenenza di un individuo ad uno Stato membro, prevale il vincolo
funzionale che esiste tra Organizzazioni Internazionali ed individuo.
Le
Organizzazioni Internazionali possono essere classificate in ordine al ruolo
geopolitica:universali, intercontinentali, regionali, ma anche semplicemente tra
universali e particolari, a seconda dell’ampiezza e della natura del vincolo che
lega gli Stati membri e degli scopi delle Organizzazioni Internazionali
(politici, economici, ideologici, etc.). A loro volta, poi, le competenze delle
Organizzazioni Internazionali possono essere generali, settoriali. Nel caso tali
competenze siano di carattere generale e universale, possono contemplare
l’istituzione di Agenzie, che in seguito possono raggiungere un alto grado di
autonomia: un esempio è l’Alto Commissariato per i Rifugiati (UNHCR), una
costola dell’ONU. I processi di integrazione normativa, hanno portato allo
sviluppo di organismi, associazioni e comunità di stati regionali e, quindi,
particolari, poiché vincolano una rete limitata di stati con finalità
altrettanto limitate e particolari. Il particolarismo d’indirizzo si riflette
nella denominazione, nello statuto, ma anche negli organi che compongono la
Organizzazioni Internazionali interregionale. Essi possono essere parlamentari o
di controllo giurisdizionale. Sebbene, senza dubbio, anche nelle associazioni
interregionali fra Stati emergano egemonie che informano il loro intero operato,
tendenzialmente esse si contrappongono alle maggiori Organizzazioni a vocazione
universale, in cui impera di norma l’egemonia del cosiddetto Primo mondo. Oggi
si registra inoltre la tendenza ad associare ad organismi interregionali con
scopi d’integrazione economica, agenzie a tutela della sicurezza regionale. Ecco
due esempi:l’ECOMOG, Gruppo di monitoraggio militare dell’ECOWAS; l’Organo
separato di politica di difesa e sicurezza, istituito in ambito SADC in
occasione del Summit di Gaborone (28 giugno 1996). Esso è dotato di un Comitato
interstatale di difesa e sicurezza (ISDSC) con autonomia di gestione rispetto
alle strutture della SADC. Una tale tendenza, sembrerebbe preludere a una
trasformazione degli organismi internazionali sovranazionali come l’ONU.
Tuttavia si tratta di un cambiamento che ancora stenta a maturare. L’ONU, come
si è già detto, ha lo scopo di preservare la pace e la sicurezza nel
coordinamento di azioni ispirate ad almeno tre principi:
la risoluzione pacifica delle controversie;
il rispetto dei diritti umani;
la non-ingerenza nella politica interna o di cooperazione fra gli Stati.
Non si può mancare d’osservare, tuttavia, che tra i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (uno dei principali organi di funzionamento dell’ONU) non compare ancora nessuno Stato dei continenti in cui con maggior incidenza insorgono conflitti. Si tratta di uno squilibrio che ostacola il consolidamento sul piano formale di strategie combinate, tra missioni compiute sotto l’egida ONU e operazioni condotte a livello regionale. Questa modalità operativa combinata è correntemente adottata in missioni di peacekeeping, peacemaking ed in azioni umanitarie, ma è certo che, se si registrasse anche a livello istituzionale e decisionale, contribuirebbe ad evitare che, anche nel settore della sicurezza, si riproduca una logica di contrapposizione tra Nord e Sud. Questa vede costituirsi una serie di inutili e spesso dannose clonazioni di enti e organizzazioni internazionali: l’esempio più tipico è l’esistenza, a fianco di associazioni economiche come il G-7 (il Gruppo dei 7 paesi più industrializzati del mondo), di vari gruppi che vanno dal G-77, ai G-19, ai G-24 – tutte filiazioni del gruppo dei paesi Non-allineati che intendono promuovere la cooperazione economica tra i Paesi meno industrializzati – o ancora il G-15, associazione dei “Paesi in via di Sviluppo” il cui scopo è, per il vero, più politico che economico.
Le organizzazioni internazionali si distinguono dunque in organizzazioni universali e organizzazioni regionali. Le principali organizzazioni universali sono, direttamente o indirettamente, connesse all'O.N.U. (Organizzazione delle Nazioni Unite), e hanno la caratteristica di giovarsi di una rappresentanza universale, grazie alla quale possono svolgere attività in tutti i paesi aderenti o esprimere indirizzi e normative di validità generale. Quanto alle organizzazioni regionali, si tratta di soggetti internazionali che coinvolgono paesi contigui geograficamente e per interessi. Presentano caratteristiche estremamente disomogenee: nel loro ambito si includono infatti sia le "comunità economiche" più integrate (si pensi soprattutto alla Unione Europea), sia le associazioni finalizzate alla realizzazione di accordi commerciali, sia le mere conferenze di cooperazione economica regionale. Esiste infine un gruppo di organizzazioni che non hanno rappresentanza universale, ma per composizione geografica e politica dei paesi membri sono di rilevanza superiore a quelle regionali, si tratta in particolare di O.C.S.E. (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), I.M.F. (Fondo Monetario Internazionale), W.B. (Banca Mondiale).
Le organizzazioni internazionali si distinguono
anche in base alla finalità e alla modalità d'intervento che esse attuano. Le
finalità possono essere:
studio di problemi dei paesi membri o d'interesse generale, elaborazione di
linee di politica economica, consulenza a governi, finalità queste comuni alla
gran parte delle organizzazioni;
raccolta e attuazione di aiuti internazionali ai paesi membri o in generale a
paesi con problemi economici permanenti, finalità tipiche delle organizzazioni
facenti capo all'O.N.U. e della B.M.;
attuazione d'interventi di emergenza in presenza di calamità economico-sociali
di vaste proporzioni (in genere attuate dalle organizzazioni dell'O.N.U.) e in
presenza di crisi finanziarie temporanee, com'è tipico del F.M.I.;
coordinamento delle politiche economiche, elaborazione di indirizzi generali
comuni, armonizzazione delle leggi, intensificazione della cooperazione
economica tra i paesi membri, come nel caso dell'O.C.S.E..
Le modalità d'intervento possono essere: concordate coi governi dei paesi destinatari, come avviene per tutte le organizzazioni, tranne che alcuni casi di emergenza economico-sociale grave; concordate (votate a maggioranza) dai paesi membri dell'organizzazione, come avviene talvolta nell'O.N.U. e di norma nel F.M.I.; vincolanti per i governi destinatari, come avviene per i prestiti della W.B. o per gli interventi di emergenza del I.M.F. La nascita di un numero crescente di organizzazioni internazionali è un caratteristica tipica della storia successiva alla II guerra mondiale. La ricostruzione delle relazioni internazionali fu fortemente segnata da alcuni fattori storici e politici che favorirono l'ideale di un sistema regolato da istituzioni al di sopra dei singoli stati nazionali. L'esperienza tragica del ventennio 1925-45 fu imputata soprattutto alla mancanza di una chiara comprensione dei fenomeni d'interdipendenza tra i paesi, e alla mancanza di sedi e strumenti adeguati per superare i conflitti d'interesse attraverso politiche di cooperazione. La "scoperta" del Terzo Mondo, in seguito alla progressiva decolonizzazione da parte delle potenze occidentali, sia come nuovo soggetto economico e politico, sia come fonte di instabilità internazionale a causa dei problemi economici gravi, sia come terreno di competizione tra paesi capitalisti e paesi socialisti. Le due maggiori organizzazioni economiche internazionali sorte immediatamente dopo la II guerra mondiale, il F.M.I. e la B.M. (inizialmente, Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo Economico) rispecchiano fedelmente il tipo di nuovi strumenti che sembrarono necessari per ricostruire le relazioni internazionali. Il F.M.I. come strumento di stabilizzazione monetaria e finanziaria per consentire una livello stabile ed elevato dell'attività economica e della occupazione senza subire i problemi temporanei derivanti dalla bilancia dei pagamenti internazionali, e prevenire crisi valutarie e crisi finanziarie. La B.M. come strumento per far confluire nel Terzo Mondo gli investimenti (di lungo termine necessari alla industrializzazione e alla crescita economica, e che privati e governi nei singoli paesi sembravano non in grado di offrire. La filosofia di queste organizzazioni è il prototipo di tutte quelle che sono poi sorte nella comunità internazionale. La storia delle organizzazioni economiche internazionali presenta successi e insuccessi. Negli ultimi cinquant'anni non si sono più ripetute catastrofi economiche di scala mondiale come nel periodo 1925-45, e un'enorme massa di aiuti e mezzi economici è stata indirizzata verso il Terzo Mondo. Tuttavia, gli studiosi e i rappresentanti politici del e nel Terzo Mondo, e una parte consistente dell'opinione pubblica, hanno un atteggiamento critico verso queste organizzazioni. Paradossalmente, esse sono considerate poco soddisfacenti anche dai governi delle potenze politiche ed economiche. Certamente queste organizzazioni non hanno realizzato l'ideale del "governo mondiale dell'economia" che era sorto dalle ceneri della II guerra mondiale. L'esperienza delle organizzazioni internazionali ha via via mostrato una serie di problemi di non semplice soluzione nell'attuale assetto politico mondiale.
La rappresentanza, vale a dire come vengono rappresentati gli interessi in gioco, attraverso quali meccanismi di voto e d'indirizzo, con quale grado di rappresentatività dei diversi membri. Molto spesso i meccanismi istituzionali di queste organizzazioni sono sembrati troppo favorevoli verso agli interessi delle maggiori potenze politico-economiche.
Il potere, ossia in quale misura queste organizzazioni sono in grado di attuare i loro interventi indipendentemente dal consenso preventivo di tutte le parti interessate, in quale misura sono in grado d'imporre certi comportamenti o di sanzionarne altri. L'esperienza ha mostrato che il potere delle organizzazioni internazionali incontra un limite strutturale, a causa del fatto che la fonte del diritto internazionale è ancora in gran parte attribuita agli stati nazionali.
L'efficacia, i limiti di rappresentanza e di potere hanno prodotto anche limiti nell'efficacia operativa delle organizzazioni internazionali. La "sovranità limitata" di queste organizzazioni rispetto tanto ai governi che sostengono i costi degli interventi quanto ai governi che ne percepiscono i benefici tende a produrre interventi piegati agli interessi politici dell'una o dell'altra parte, piuttosto che interventi efficaci dal punto di vista economico. A questo ostacolo strutturale, vanno aggiunti i fenomeni tipici di tutte le organizzazioni pubbliche di grandi dimensioni, come l'espansione della burocrazia e dei suoi costi, l'incapacità di autovalutazione dei risultati, la continuità dell'organizzazione e della sua struttura come fine a sé stante.