Il progetto è sì uno strumento fondamentale, ma costituisce comunque un’astrazione ipotetica, un tentativo cioè di innescare e governare processi che avranno luogo nel futuro. Bisogna cioè evitare di considerare questo strumento come un assioma assoluto e prevaricante le dinamiche della realtà, rispetto alle quali il progetto deve essere funzionale e non il contrario. Queste osservazioni devono costituire le chiavi di lettura del ciclo progettuale, e più in generale di ogni strumento di cooperazione, dal momento che anche il miglior progetto può rivelarsi un insuccesso qualora non si tenga conto di ogni fattore e di ogni dinamica significativa che viene toccata dall’intervento. "Il teatro della verifica dei numerosi decenni di strategie per lo sviluppo, elaborate dalle principali agenzie delle Nazioni Unite, un buon numero di progetti e di attori risultano essere solo delle comparse". Così scriveva, quasi venti anni fa (1986), Bernard Lecomte. Dopo aver attraversato la storia di molte associazioni di solidarietà e di tanti programmi non governativi in Africa, Lecomte apriva la sua riflessione sui limiti del progetto, cercandone anche le alternative tra i modi di operare e di organizzarsi della comunità non governativa e dei partner di quei paesi condannati all'emarginazione. Il suo ragionamento fu subito compreso dagli operatori impegnati in quel settore altrettanto ambiguo che chiamiamo "sviluppo".
Era un ragionamento molto semplice: esistono tanti modi di organizzare e persino di pensare un progetto, da quello di una strada non necessariamente asfaltata, a quelli che si trovano in natura, come nel caso di un seme che progetta geneticamente una pianta. La capacità di adattarsi al partenariato e il grado di flessibilità dello "strumento progetto" - aspetti entrambi da costruire - furono gli elementi di fondo che favorirono una positiva convergenza tra la cultura della solidarietà, l'intervento sociale e il progetto. Il percorso di convergenza non è stato facile e soprattutto non è ancora finito. Lo si può descrivere da almeno due punti di vista: dal punto di vista degli enti finanziatori, che dopo anni di pura teoria stanno aggiustando il tiro rivedendo i processi di ideazione dei progetti ed introducendo nuovi strumenti, come nel caso della Commissione europea che oggi prende in considerazione per il cofinanziamento tre strumenti progettuali diversi (i programmi, i progetti e gli accordi quadro); lo si può raccontare attraverso la storia degli ultimi anni della cooperazione non governativa, impegnata a sperimentare i coordinamenti per paese, i programmi per area geografica o tematica, gli accordi di partenariato con le associazioni del Sud. Sono tutti tentativi per realizzare quel trasferimento dello strumento progetto dal mondo della tecnica e dei rapporti quantitativi a quello degli uomini, delle donne e della qualità delle relazioni.
La risposta di quanti cominciano a crederci sta tutta in uno slogan: "lavorare per progetti". Vuol dire pensare al progetto, compreso il documento di progetto, come qualcosa agli antipodi del formulario per la richiesta di finanziamento, ovvero lontanissimo da quei fattori esterni che ne hanno affermato la necessità; un progetto in grado di fotografare la natura di un partenariato (accordo tra le associazioni promotrici), di fornire una lettura comune dell'esistente (descrizione accurata della situazione esistente e dei bisogni), di prefigurare assieme la situazione da costruire (obiettivi e risultati attesi), attraverso un percorso metodologico collocato nel tempo (cronogramma) e articolato in attività definite, le quali hanno naturalmente bisogno di risorse umane e mezzi materiali per essere realizzate (budget). Sono questi, d'altra parte, quegli stessi fattori costitutivi del progetto di cui parla da sempre la tendenza più scolastica della progettualità internazionale (banca mondiale), collocandoli nelle fasi centrali della vita di un progetto che come in un cerchio (ciclo di progetto) attraversa le fasi della programmazione, della identificazione, della istruzione (compresi contrattazione e finanziamento), dell'esecuzione e infine della valutazione e monitoraggio, che chiude il cerchio tornando alla programmazione, cioè ai motivi strategici che spingono un'associazione a impegnarsi nella solidarietà. Ma anche con un così grande sforzo di adattamento di uno strumento tecnico alle esigenze del rapporto tra le persone e tra queste e l'ambiente, restano ancora larghi margini di incomprensione tra un intervento sociale - qual è quello di una associazione per lo sviluppo - e lo strumento progettuale. L'introduzione del concetto di programma (insieme di diverse attività progettuali indipendenti finalizzate al raggiungimento dello stesso obiettivo) non è stata sufficiente ad eliminare completamente l'incomprensione.
D'altra parte c'è progetto e progetto, se restiamo sul piano dei soli elementi costitutivi. C'è sicuramente - e per molti è ancora imperante, visto anche che lo si può descrivere nei particolari - il modello gerarchico, che consiste nel concentrare i momenti decisionali nella fase di formulazione, quando il progetto è tutto sulla carta e sembra possa funzionare come un orologio. Come potrebbe non funzionare se tutti hanno qualcosa da fare e sono contenti di farlo, avendo l'assicurazione che devono fare proprio quanto è indicato nel documento di progetto dagli esperti di progettazione? Eppure funziona a volte (non sempre) per la costruzione di strade, ma in ambito sociale ha una spiccata tendenza a quella che è stata definita "la morte civile": produce progettifici pronti a mettere sul campo progetti in fotocopia, che forse garantiscono discreti standard qualitativi solo nel corso della loro gestione, per lasciare il campo al nulla dopo due minuti dalla loro fine. Il modello gerarchico è altamente appetibile per le grandi burocrazie, che spesso lo ricercano anche nelle associazioni che decidono di finanziare: limita i rischi, risolve a monte i conflitti, si presta ad essere riprodotto facilmente, crea un'apparente clima di professionalità che sul piano dei processi di verifica ex ante rende bene. Inchioda al muro le ambizioni di sperimentazione, taglia tutte le potenzialità di relazionamento non garantite in partenza, non consente "sviluppi" che non siano previsti, né arretramenti che si rendano necessari per rafforzare i partner più deboli o moderare le frequenti ambizioni delle attività progettuali in fase di istruzione. Ma c'è anche il modello a rete, che dedica molta attenzione a monitorare un percorso, a renderlo verificabile periodicamente, ad aggiustare il tiro a seconda dei risultati raggiunti o mancati. E' un modello che, pur considerando quei fattori costitutivi di un progetto che abbiamo visto, tende piuttosto ad evidenziare le strategie e le tattiche, cioè a lavorare soprattutto sui fattori regolativi di un progetto. E' interessante notare, a questo proposito, quali siano i fattori che determinano l'esito di un progetto nell'esperienza più comune delle associazioni di solidarietà internazionale. Solo due fattori importanti su cinque possono essere rintracciati parzialmente nel "progetto di carta": il realismo dei problemi e degli obiettivi assieme a una pianificazione adeguata. Altri tre fattori sfuggono ai documenti di progetto e, naturalmente, ai formulari per la richiesta di finanziamento: la giusta dose di motivazione e di competenza da parte degli attori e del personale addetto al progetto; una sufficiente capacità organizzativa; il rispetto degli impegni da parte degli enti e delle persone coinvolte nel progetto, che in altre parole vuol dire la capacità di aggregare risorse e attenzioni.
Per ponderare nella giusta misura tutti i fattori in gioco nell'impegnativo ciclo di vita di un progetto, sono stati messi a punto diversi approcci metodologici e tecnici al percorso progettuale. Purtroppo questo esercizio è stato condotto soprattutto in ambienti accademici più vicini alle grandi burocrazie che non ai lavori sul campo. Il risultato più ambizioso è quello denominato schema logico, che si è affermato ovunque nella dizione anglofona, logical framework. Consiste nel mettere in relazione gli elementi costitutivi del progetto (mezzi con i quali realizzare attività per il raggiungimento di risultati che si inseriscono nell'obiettivo di modificare permanentemente uno stato di necessità), collegandoli però alle ipotesi (descrizione delle condizioni indispensabili alla riuscita delle attività) e alla verifica periodica dei risultati raggiunti.
Lo sviluppo è un’attività che va pianificata secondo criteri ben precisi e con una struttura logica che permetta effettivamente di raggiungere gli obiettivi dello sviluppo, così come definiti sopra. Pur non volendo affermare che esista un solo modo per progettare lo sviluppo, senza dubbio il metodo più conosciuto ed efficace è quello del ciclo del progetto (introdotto dalla Commissione Europea per l’identificazione, la formulazione, l’implementazione e la valutazione di progetti di sviluppo). Questo approccio considera la vita del progetto dall’inizio alla fine come un insieme di azioni ben definite ma al tempo stesso fortemente correlate tra di loro in una sequenza circolare. Tra le varie fasi non esiste quindi solo casualità, ma anche interazione ed interdipendenza. Il ciclo del progetto può essere schematizzato come segue:
Nel dettaglio le attività delle singole fasi del ciclo del progetto sono:
La fase di identificazione è molto importante: in
questo momento vengono individuati sia la controparte locale che il tipo di
progetto da realizzare. Queste due scelte dipendono dalla specifica missione
istituzionale di ogni ONG e, in particolar modo, dal settore di
specializzazione, così come dalla scelta di operare in specifiche aree
geografiche. Sempre nella fase di identificazione si procederà ad uno studio per
valutare se effettivamente il progetto, così come identificato, sia
realizzabile.
Identificazione della controparte locale Come già accennato nella parte
introduttiva, la cooperazione allo sviluppo prevede che siano due i soggetti
coinvolti in questo processo uno dei quali deve essere una controparte locale,
ossia un soggetto appartenente alla Paese destinatario dell’intervento.
L’individuazione della controparte locale è una scelta di fondamentale
importanza prima di tutto perché la controparte avrà un ruolo importante nella
fase di implementazione del progetto, ma anche perché sarà il soggetto
incaricato di garantirne la continuità una volta concluso. Nella scelta della
controparte locale si tengono in considerazione alcuni elementi come il grado di
rappresentanza, il rapporto che la controparte ha con i beneficiari previsti dal
progetto; un altro elemento importante da ricercare è la condivisione dello
stesso concetto di cooperazione e sviluppo, elemento che garantisce un’effettiva
ed efficace collaborazione.
Identificazione del progetto Una volta individuata la controparte locale si
procede con questa all’identificazione del progetto. In primo luogo vengono
considerati i limiti allo sviluppo, ossia tutte quelle situazioni contingenti
che impediscono il normale evolversi di un processo di sviluppo. Una volta
individuati i problemi, questi vengono considerati in relazione alle
potenzialità e agli ostacoli che presenta il contesto. Fatta questa valutazione,
si deciderà infine in quali ambiti e settori intervenire dati i vincoli imposti
dalla situazione locale e si elaboreranno le possibili strategie per risolvere i
problemi riscontrati. In genere nella fase di identificazione del progetto si
procede all’elaborazione del logical framework, ossia della struttura logica del
progetto: una sorta di matrice che visualizza tutti gli elementi essenziali del
progetto, mettendone in evidenza le relazioni causali. In particolare si procede
ad una prima individuazione delle finalità e degli obiettivi del progetto, dei
beneficiari, delle infrastrutture, delle tecnologie, nonché delle risorse
economiche necessarie per la realizzazione delle attività. Insieme a questi
elementi si individuano anche i così detti indicatori, che permetteranno di
monitorare le attività e valutare il gradi di raggiungimento dei risultati
attesi e degli obiettivi. Gli indicatori devono essere stabiliti e definiti
prima dell’avvio del progetto affinché possano essere più oggettivi possibile e
quindi più efficaci nell’identificazione dei possibili problemi insorti in fase
di realizzazione del progetto.
Fattibilità del progetto L’esame di fattibilità è finalizzato a verificare che
il progetto, così come identificato, sia realizzabile. In particolare si
analizzano le condizioni esterne, ossia tutte quelle condizioni che, pur essendo
estranee al progetto, possono in qualche modo impedirne il corretto svolgimento
o renderne difficile la realizzazione o il raggiungimento degli obiettivi
individuati. Il progetto verrà considerato tecnicamente non fattibile ogni qual
volta si riscontri che quelle condizioni essenziali per il corretto svolgimento
del progetto hanno scarse possibilità di verificarsi. In questi casi, ci sono
due alternative possibili: o abbandonare l’intervento o trovare soluzioni
affinché la condizione essenziale possa realizzarsi. In sede di fattibilità si
valuterà anche la futura sostenibilità del progetto, ossia la possibilità che le
iniziative intraprese possano continuare a produrre gli effetti anche una volta
terminato il flusso dei finanziamenti. Un aspetto importante della sostenibilità
è quello ambientale, che considera se il progetto, così come pensato, abbia o
meno degli impatti negativi sull’ambiente.
Valutazione ex ante La valutazione realizzata in questo momento del ciclo del
progetto ha come finalità quella di valutare preliminarmente, e con forte sforzo
di astrazione, il progetto così come identificato. In questo modo è possibile
già in fase di identificazione correggere quegli aspetti che con grande
probabilità potrebbero compromettere la realizzazione del progetto stesso.
La fase successiva all’identificazione è quella della formulazione del progetto, ossia l’elaborazione e la stesura del testo definitivo, in cui si sviluppano nel dettaglio tutti gli elementi del progetto. Il documento finale sarà il testo ufficiale del progetto, ossia quello che verrà presentato al possibile finanziatore. In genere il testo definitivo del progetto è composto da una breve sintesi dell’intervento e dalla descrizione dettagliata del progetto. Occorre però sottolineare che ogni Ente finanziatore richiede specifiche modalità, informazioni, documentazioni per la composizione del dossier, elementi indispensabili affinché il progetto venga preso in esame. Quindi il testo finale del progetto dovrà sempre essere elaborato tenendo in considerazione le procedure richieste dall’ente finanziatore.
Una volta pronto, il testo del progetto viene presentato all’ente finanziatore prescelto per la richiesta del contributo per la realizzazione. Il progetto viene quindi analizzato e, infine, l’ente finanziatore si pronuncerà sull’approvazione o sul rigetto della proposta di finanziamento. La durata di questa fase è variabile e dipende dalle procedure di selezione adottate dai diversi finanziatori, che in alcuni casi posso chiedere all’ONG proponente di apportare modifiche al testo presentato. Se la fase di selezione va a buon fine, Ente Finanziatore e ONG firmano un contratto che vincolerà le parti per tutta la durata del progetto.
Realizzazione La fase di realizzazione è quella
in cui, una volta ottenuto il finanziamento, il progetto viene effettivamente
implementato. In questa fase vengono mobilitate tutte le risorse necessarie per
la realizzazione delle attività. Viene inoltre selezionato il team del progetto
(espatriato e locale) e vengono programmate le attività previste.
Gestione del progetto Nella fase di realizzazione la gestione del progetto
occupa un posto molto importante, perché in qualche mondo è la condizione
necessaria per l’implementazione del progetto stesso. In genere rientrano
nell’attività di gestione l’apertura di un conto corrente bancario intestato al
progetto dove il finanziatore provvede a versare i fondi per la realizzazione
dell’intervento. E’ necessario anche organizzare un servizio di gestione
contabile amministrativa in loco, che provvederà a mantenere contati con
l’amministrazione centrale dell’ONG, che periodicamente si occuperà di redigere
il rapporto descrittivo delle attività e del rendiconto
economico-amministrativo, che verranno inviati all’Ente finanziatore come
informazioni sul progetto.
Monitoraggio Il monitoraggio è un’attività molto importante nel contesto del
ciclo del progetto: infatti solo una costante opera di controllo sull’andamento
delle attività realizzate, realizzata attraverso la misurazione, la raccolta e
la registrazione di informazioni, permette di individuare eventuali distorsioni
del progetto e, quindi, possibili soluzioni per non comprometterne la
realizzazione.
Valutazione on going La valutazione on going è quella che viene realizzata nel
corso dell’implementazione del progetto, in genere nel medio periodo. In questo
caso la funzione dell’attività di valutazione, che si avvicina per alcuni
aspetti all’attività di monitoraggio, è di realizzare una valutazione intermedia
del progetto per individuare le eventuali distorsioni o le problematiche che si
sono venute a creare. Questa specifica valutazione si realizza in un momento in
cui il progetto non è ancora terminato e sono quindi ipotizzabili delle misure
correttive. Ciò che differenzia la valutazione on going dal montoraggio è
l’oggetto di indagine: nel primo caso si valutano i risultati delle attività,
mentre in fase di monitoraggio si considerano solo le attività.
Così come il monitoraggio anche la valutazione
può essere definita un processo di misurazione, di raccolta e di registrazione
di informazioni relative all’andamento del progetto. Tuttavia il fine della
valutazione realizzata in seguito alla fine del progetto, è di verificare che si
siano raggiunti gli obiettivi programmati. La valutazione rientra e fa parte
integrante del ciclo del progetto, ma occorre sottolineare che sono più di uno i
momenti nel project cycle in cui è possibile e opportuno implementare
un’attività valutativa. Nella fase di identificazione viene realizzata la
cosiddetta valutazione ex ante mentre nel corso dell’implementazione del
progetto si realizza la valutazione on going. Esistono infatti diversi tipi di
valutazione, che si collocano temporalmente in un preciso momento del ciclo del
progetto e, di conseguenza, hanno funzioni peculiari e ben definite.
Valutazione finale La valutazione finale si colloca, dal punto di vista
temporale, nel momento in cui il progetto è appena terminato o terminato da poco
tempo. In questo caso l’oggetto della valutazione è l’obiettivo specifico del
progetto e, in particolare, il grado di raggiungimento dei risultati attesi,
alla luce delle modalità con cui sono state portate a termine le attività
previste.
Valutazione ex post La valutazione ex post viene realizzata dopo un certo lasso
di tempo dalla fine del progetto, un anno o un tempo più prolungato a seconda
della complessità del progetto. Si parla in questo caso di valutazione
d’impatto, ed è questa la tipologia di valutazione che permette di esprimere un
giudizio circa il grado di raggiungimento dell’obiettivo generale.