La parola «sviluppo» in pali o in sanscrito
significa «disordine» o «confusione» e nella religione buddista «sviluppo» può
indicare il regresso oltre che il progresso
(Buddhadâsa Bhikkhu, monaco buddista thailandese)
Negli anni ’50 gli studi sullo sviluppo erano orientati verso un approccio umanistico-culturale, e analizzavano, p. es., come le religioni influiscano sullo sviluppo dei popoli. Negli anni ’90 la corrente degli studi religiosi dello sviluppo è stata pressoché abbandonata. I rapporti tra religione e sviluppo analizzano, da una parte, gli influssi delle varie religioni sui processi di sviluppo. Un primo filone di pensiero ritiene che esistano religioni favorevoli allo sviluppo - generalmente la propria - e altre contrarie. In particolare, è diffusa l’idea di Max Weber che solo lo spirito del cristianesimo calvinista abbia innescato il progresso economico moderno . D’altro canto, mentre all’inizio della colonizzazione le missioni cristiane usarono ovunque il metodo della tabula rasa, senza disdegnare il ricorso alla violenza e senza tentare di valorizzare quanto di positivo c’era nelle culture autoctone, oggi il missionario, nell’approccio a un popolo, parte anzitutto da un’integrazione culturale ed esistenziale con il popolo evangelizzato. Quanto all’Islam, per alcuni esso ha scelto soluzioni sfavorevoli alle esigenze dello sviluppo moderno, per altri autorizza ogni trasformazione radicale. Un secondo filone di pensiero ritiene che non si possa parlare di religioni propriamente favorevoli o contrarie allo sviluppo, ma che ogni religione abbia conosciuto nel corso della sua storia ruoli diversi nei confronti dello sviluppo, a seconda di come i propri rappresentanti l’hanno indirizzata, ma soprattutto di come le classi dirigenti l’hanno strumentalizzata. Il cristianesimo ha prodotto sia l’asservimento delle masse alle classi dirigenti, sia la teologia della liberazione; l’Islam ha teorizzato il fatalismo, ma anche un attiva cooperazione all’opera divina; l’induismo ha dato luce al sistema delle caste, ma anche alla difesa dei senza casta; il buddismo ha prodotto teocrazie intriganti e corrotte, ma ha anche guardato con attenzione alla realizzazione della giustizia sociale; l’ebraismo è stato in prima fila in molte occasioni rivoluzionarie, ma ha prodotto uno Stato confessionale; il confucianesimo ha valorizzato la fiducia reciproca e la fraternità, ma in altri casi ha favorito la dittatura e lo sfruttamento operaio, etc. Un terzo filone di pensiero ritiene che considerare la religione potenzialmente ambivalente nei confronti dello sviluppo, sebbene sia una posizione apprezzabile in linea di principio, tenda ad occultare le differenze tra le religioni stesse, alcune delle quali notevolissime in materia di sviluppo umano. La strumentalizzazione dei testi sacri è potenzialmente enorme ma non è illimitata. L’Islam, per esempio, resiste su alcuni punti riguardo alla separazione tra sfera religiosa e sfera politica. Peraltro sempre l’Islam considera sacro il corpo della persona, anche dopo la morte, concetto invece assente nella Carta dei diritti umani dell’Onu. Di uguale importanza è capire in che modo lo sviluppo influisca sull’evoluzione delle singole religioni. La logica del mercato e la preoccupazione dell’efficienza a ogni costo hanno operato una selezione nelle strutture culturali in cui si sono inserite. Il rapporto tra trasformazioni sociali e religiose non è comunque univoco.
* I messianismi africani sono i prodotti di un nuovo condizionamento storico-sociale dei popoli dell’Africa.
* Agenti di acculturazione e modernizzazione di ogni tipo (amministratori, commercianti, tecnici, educatori e missionari) hanno cancellato il sistema religioso delle popolazioni autoctone in America latina e favorito la formazione di comunità cristiane (ieri cattoliche, oggi non cattoliche).
* La nascita dei movimenti islamici sembra una risposta alla modernizzazione promossa dagli Stati-nazione.