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Vertice della Terra di Rio

Nel mese di giugno del 1992, si riunirono a Rio de Janeiro, in Brasile, 183 capi di stato, 700 rappresentanti di ONG e migliaia di esponenti della società civile venuti da tutti i paesi del mondo. In quello che fu soprannominato vertice della terra di rio (Earth Summit), organizzato dalle Nazioni Unite, venne fatta per la prima volta collettivamente la diagnosi sullo stato di salute del pianeta e si definì un piano d'azione, la Agenda 21, per affrontare i principali problemi ambientali che, se non controllati, porteranno ad un'emergenza ambientale di dimensioni mai viste entro il 2030.

I dati messi in risalto in quella occasione furono determinanti per il successivo dibattito sulle questioni ambientali. I paesi più industrializzati, con una popolazione pari al 20% del totale mondiale, consumano circa l'80% delle risorse disponibili. La distruzione delle foreste centroamericane è avvenuta per fare posto agli allevamenti dei bovini da carne destinati alle catene di fast-food, soprattutto nei paesi del Nord del mondo. Il Giappone importa ogni anno circa il 40% del legname che viene tagliato nel mondo per alimentare l'industria della carta e per la fabbricazione di bacchette di legno usa e getta per ristorazione. Anche per quanto riguarda il fenomeno del riscaldamento globale della terra, le responsabilità non sono distribuite equamente tra il Nord e il Sud del mondo. I paesi industrializzati producono il 78% dell'anidride carbonica accumulata nell'atmosfera, per il 20% attribuibile agli Stati Uniti. Gli stessi paesi industrializzati stanno tentando ora di evitare di ridurre le proprie emissioni inquinanti, acquistando "diritti di inquinamento", che sono i margini di aumento di inquinamento concessi ai paesi più poveri (PMA). In questo modo, l'inquinamento globale rimane lo stesso, e le prospettive di sviluppo dei paesi del Sud del mondo, per i quali sono stati definititi precisi margini "per inquinare", vengono svendute in cambio di modesti aiuti finanziari.

Il principale progresso teorico prodotto dal Vertice di Rio è stato quello di legare indissolubilmente ambiente e sviluppo. Questa conclusione era stata già anticipata dalla Commissione Brundtland (1987) dell'ONU e dal Rapporto 1992 della Banca Mondiale. La conseguenza di questa consapevolezza teorica è che la lotta contro la povertà e contro il degrado dell'ambiente sono due requisiti complementari e obbligatori di qualsiasi politica di sviluppo. Un miliardo di persone vive nella miseria. Nel 1992 la fame ha ucciso soltanto in Somalia 300.000 persone, secondo i dati FAO, un altro milione dipende dagli aiuti umanitari per restare in vita. Venti paesi dell'Africa australe e del Corno d'Africa ricevono aiuti d'urgenza e la siccità non è la sola responsabile di questa situazione. Le guerre civili hanno moltiplicato gli effetti devastanti del cambio climatico. La metà delle popolazioni più povere della terra vive, secondo la Banca Mondiale, in zone rurali ecologicamente fragili. Nei paesi andini e nell'Himalaya gli agricoltori disboscano i contrafforti delle montagne aumentando l'erosione dei terreni e i rischi di valanghe; nell'Africa subsahariana le terre vengono coltivate fino al loro esaurimento e l'allevamento e la ricerca di legna da ardere accelerano la deforestazione. Desertificazione ed erosione dei suoli sono le manifestazioni più visibili e più inquietanti di una degrado amplificato dalla crescita demografica e dall'espansione dell'agrobusiness.

La crescita della popolazione obbliga le famiglie a disboscare per creare nuovi terreni agricoli e a non rispettare i tempi di riposo biologico dei terreni già sfruttati. I modelli di sviluppo agricolo importati dal Nord hanno favorito le colture orientate verso l'export a detrimento delle coltivazioni destinate all'alimentazione della popolazione locale. La moltiplicazione delle colture tropicali intensive, e delle concessioni per lo sfruttamento del legname e dei minerali, è una scelta obbligata per i paesi più indebitati, che soltanto in questo modo possono incamerare valuta pregiata. L'agricoltura commerciale inquina i terreni con l'uso intensivo di pesticidi ed erbicidi, provocando inoltre l'espulsione dei contadini verso le zone con minor tasso di produttività o più difficili da raggiungere. Secondo la Banca Mondiale, le perdite provocate dall'impoverimento dei terreni agricoli rappresentano annualmente una cifra oscillante tra lo 0,5% e l'1,5% del prodotto interno lordo di paesi come Costa Rica, Malawi, Mali e Messico. La povertà accresce il degrado dell'ambiente, che a sua volta impoverisce di più la popolazione. Il disboscamento accelera la sterilizzazione delle terre, mettendo in pericolo il lavoro di intere comunità. Sono le donne, che producono il 50% dei prodotti di base dell'alimentazione domestica, le più danneggiate da un ambiente rurale compromesso. Alcuni tipi di inquinamento aumentano vertiginosamente con la povertà. Nei paesi a basso reddito, l'acqua rappresenta la principale fonte di malattie e mortalità: sono oltre un miliardo all'anno le persone colpite da patologie veicolate dall'acqua inquinata e trenta milioni di persone muoiono ogni anno a causa di diarree, colera, tifo, malaria.

La Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo o Earth Summit, svoltosi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992 si è sforzata di integrare le questioni economiche e quelle ambientali in una visione intersettoriale e internazionale, definendo strategie ed azioni per lo sviluppo sostenibile. In quella occasione sono stati approvati i seguenti impegni multilaterali:
i partecipanti alla UNCED hanno concordato sia sull'affermazione dei comuni obiettivi definiti dalla Dichiarazione di Rio, sia su un piano d'azione per specifiche iniziative economiche, sociali ed ambientali in vista del XXI secolo, la Agenda 21. Entrambi si prefiggono di giungere a modelli di sviluppo sostenibile a livello mondiale. A questi devono ispirarsi strategie e politiche nazionali;
la Dichiarazione di principio sulle foreste;
la Convenzione sui cambiamenti climatici, che mira alla stabilizzazione delle emissioni dei gas che causano l'effetto serra;
la Convenzione sulla biodiversità, che mira a favorire un accesso equilibrato alle risorse biologiche degli ecosistemi (in particolare le foreste tropicali), l'assistenza ai PVS - ed il trasferimento delle biotecnologie.

Oltre all'Agenda 21 è stata redatta la Dichiarazione di Rio o Dichiarazione sull'ambiente e lo sviluppo: contiene 27 principi, riguardanti l'ambiente e lo sviluppo. In questo documento l'accento viene posto sul legame tra protezione ambientale e sviluppo, sulla necessità di sradicare la povertà e di tenere conto delle necessità dei paesi in via di sviluppo; sulla necessità di eliminare modelli di produzione e consumo non sostenibili, di aumentare il capacity-building e di promuovere un sistema economico internazionale aperto che sia di supporto allo sviluppo sostenibile. Nel documento sono inoltre riportati importanti principi riguardanti l'ambiente quali: la partecipazione pubblica in decisioni ambientali, l'accesso alle informazioni ambientali, la valutazione di impatto ambientale.

Il ruolo particolare di alcuni soggetti sociali viene riconosciuto come fattore di grande importanza: si tratta delle donne, dei giovani, degli indigeni. Riconferma la Dichiarazione di Stoccolma del 1972. La Comunità Europea e gli stati membri in occasione dell'Earth Summit hanno firmato le convenzioni su clima e biodiversità, e sottoscritto Agenda 21. In seguito, la Comunità e gli stati membri, in sede di Consiglio europeo riunito a Lisbona il 27 giugno 1992, si sono impegnati nella rapida applicazione delle principali misure concordate in ambito dell'UNCED sullo sviluppo sostenibile.

 

Piano d’azione in dieci punti

Considerando la situazione globale, le tendenze emergenti ed il fenomeno della globalizzazione, sono necessarie delle iniziative concrete per far progredire l’agenda dello sviluppo sostenibile. Più che un forum nel quale prendere accordi o rinegoziare un altro insieme di principi, il Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile era stato pensato come un forum nel quale vari partner provenienti da differenti settori della società potevano determinare programmi e progetti per l’azione che prevedano degli obiettivi raggiungibili nell’ambito di una cornice temporale realistica. Allo scopo di concentrare gli sforzi su dei risultati realizzabili, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha diffuso un rapporto che offre un piano d’azione articolato in dieci punti:

1) Far sì che la globalizzazione operi in favore dello sviluppo sostenibile. I benefici della globalizzazione sono distribuiti in maniera disuguale ed i Paesi più poveri del mondo sono rimasti indietro. Fra le iniziative suggerite vi sono l’eliminazione dei sussidi che creano distorsioni al commercio ed una maggiore apertura dei mercati nei Paesi industrializzati ai prodotti ed ai servizi dei Paesi in via di sviluppo, particolarmente per quanto concerne i settori agricolo e tessile.
2) Eliminare la povertà e migliorare le esistenze di quanti vivono nelle zone rurali e nelle aree urbane. Un gran numero di persone molto povere vivono in aree soggette a gravi tensioni ecologiche. Debbono dunque essere compiuti degli sforzi per migliorare le condizioni di vita e le opportunità dei poveri, come il possesso della terra, l’esistenza sostenibile, il credito, l’istruzione, i miglioramenti nell’agricoltura, e gli sforzi per minimizzare gli sprechi e incoraggiare il riciclaggio.
3) Modificare i modelli di produzione e di consumo insostenibili, mediante un incremento dell’efficienza energetica pari a quattro volte l’attuale nel corso dei prossimi due o tre decenni, rafforzando il grado di responsabilità delle imprese e offrendo incentivi per una produzione che sia più rispettosa dell’ambiente.
4) Migliorare la salute mediante un accesso sicuro e garantito all’acqua dolce, una diminuzione del piombo contenuto nella benzina e una migliore qualità dell’aria che si respira all’interno delle abitazioni.
5) Garantire l’accesso all’energia ed aumentare l’efficienza energetica sviluppando ed utilizzando sempre di più tecnologie rinnovabili ed efficaci e modificando quei modelli di consumo energetico che si sono dimostrati insostenibili.
6) Gestire gli ecosistemi e la biodiversità su base sostenibile, affrontando i problemi dello sfruttamento eccessivo della pesca, le pratiche non sostenibili di silvicoltura e l’inquinamento marino causato da attività svolte sulla terraferma.
7) Migliorare la gestione della fornitura di acqua dolce ed assicurare una distribuzione più equa delle risorse idriche.
8) Fornire delle risorse finanziarie, mediante l’incremento dell’assistenza ufficiale allo sviluppo e degli investimenti privati, e tramite il trasferimento e la condivisione di tecnologie eco-compatibili.
9) Favorire lo sviluppo sostenibile in Africa mediante programmi nuovi e di vasta portata che possano creare istituzioni e sistemi che possano affrontare i problemi della fame, della sanità e della tutela ambientale, oltre che della gestione delle risorse.
10) Rafforzare la capacità di governo internazionale per lo sviluppo sostenibile, allo scopo di promuovere un approccio integrato e globale, al posto dell’approccio compartimentalizzato attuale.